A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

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giovedì 16 gennaio 2014

Tutti uniti, ma contro il lupo. I giochi che insegnano ai nostri figli a collaborare

di Michela Proietti
Tags: famiglie, figli
 
«Ho vinto!». Un nuovo giro nella giostra, lo sguardo ammirato dei compagni di gioco: non importa cosa si conquista, quello che conta è il primo posto. Ogni giornata dei nostri figli è scandita da una piccola vittoria conquistata sul campo di gioco: un assaggio di quella competizione che scandirà la vita da adulti. Adesso che l’infanzia appare come la parentesi più breve nella vita dell’uomo, con la fretta di diventare prima possibile adolescenti, il mondo dei giochi recupera quella dimensione serena di gruppo senza scopo di «lucro».

Non si vincono premi, nessuno è secondo, la vittoria appartiene alla squadra: al posto dei giochi competitivi, si stanno facendo strada i giochi cooperativi che insegnano a condividere gli obiettivi e a collaborare in vista di un successo comune. Da conquistare con generosità, abilità e strategie utili a tutti. In Woolfy, il nuovo gioco Djeco, il lupo è il nemico comune da battere: la favola dei tre porcellini è stata trasformata in un gioco di squadra in cui i giocatori devono costruire una casa di mattoni per mettere al sicuro i porcellini prima che il lupo li acchiappi. Lo stesso spirito anima «Little cooperation» (Djeco), dove sulla banchisa quattro pinguini cercano di tornare nel loro igloo mentre il ponte di ghiaccio è a rischio di crollo: i giocatori (da 3 a 6 anni) devono ingegnarsi per portarli a casa. Il corvo che minaccia la frutta appesa sugli alberi è il nemico contro il quale fare fronte comune nel «Frutteto» (Haba): i giocatori (3-6 anni) lanciano il dado e colgono il frutto indicato, ma se esce l’immagine del corvo, si perde il raccolto.

Il recupero dei giochi cooperativi appare come un ritorno a una dimensione «gentile» della vita: molti dei giochi tradizionali, come il girotondo, sono nati cooperativi, soprattutto quelli giocati dalle bambine. Secondo il pedagogo Ruth Dirx la competizione è subentrata nei giochi maschili per preparare i ragazzini ad un atteggiamento di attacco-difesa necessario in una cultura arrivista. Proprio sull’abbattimento delle barriere di genere (non solo maschio-femmina, ma anche culturali e sociali) si incentra Cuntala («raccontala», in siciliano, www.cuntala.com), il nuovo gioco creato da Barbara Imbergamo e sostenuto con un crowdfunding di 150 pesone che hanno contribuito a finanziare la stampa delle carte.

Da sempre attenta ai temi della multiculturalità, mamma di «una femmina e un maschio e direi così anche se la femmina non fosse la primogenita», Barbara Imbergamo ha deciso di creare un gioco che sovvertisse i luoghi comuni osservando i suoi figli. «Anche se cresciuti in una famiglia anticonformista, notavo molte categorie stereotipate nei loro discorsi». Le 44 carte del gioco, tradotte in più lingue e divise in quattro categorie (personaggi, oggetti, azioni e aggettivi), vengono distribuite tra i giocatori che partendo da una carta possono costruire la loro storia. I soggetti sono diversi da quelli dell’immaginario tipico dei bambini: non ci sono fate o ballerine, ma una sindachessa africana, una muratrice, un ostetrico o una famiglia arcobaleno. Sfogliando le carte successive si amplia il racconto: l’idea è di costruire una storia insieme, venendo a contatto indirettamente con situazioni inconsuete, ma senza premiare il racconto migliore.

Il piacere di giocare è forse l’elemento più importante che distingue i giochi cooperativi dai giochi competitivi e dalle gare. Lo conferma anche Sigrid Loos, formatrice e consulente della crescita, laureata in pedagogia a Dortmund e autrice del volume scritto con Rita Vittori «99 giochi è più cooperativi» (Notes), in cui nessuno vince, nessuno perde, nessuno viene escluso.

Da ipovedente ha vissuto personalmente il disagio di giocare in modo competitivo. «Per questo ho trasformato il gioco della sedia in modo che nessuno venga tagliato fuori: nel momento in cui uno perde la sua sedia, può appoggiarsi a quella di chi è ancora in gara, fino a creare un divertente mucchio finale». La sua esperienza è maturata durante un tirocinio in una chiesa valdese italiana, dove ha sviluppato i new games, i giochi «di fiducia» nati con il movimento pacifista anti Vietnam.

Osservatrice delle dinamiche ludiche, ha messo a fuoco il rischio della competizione: i bambini deboli che non riescono mai a vincere non vogliono più giocare, ma anche quelli che primeggiano entrano in un’ansia da prestazione che a volte sfocia nel rifiuto del gioco. «Il senso di tutto lo ha riassunto un bimbo di 8 anni che mi ha detto: “Nei giochi competitivi ci sfoghiamo, con quelli cooperativi ci divertiamo e facciamo la pace”». La collaborazione è l’anima anche dei «serious games», i nuovi videogiochi intelligenti.

Uno dei più apprezzati è «Come se» (Ticonblu), che simula la vita quotidiana così come viene percepita da chi è affetto da dislessia: in questo modo i bambini imparano a mettersi nei panni dei compagni dislessici e il game over rappresenta l’acquisizione di una conoscenza, non di un punteggio.

Dalla scuola al crowdfunding: le startup più innovative



ROMA (WSI) - Un giovedì da veri startupper. Da Milano a Cagliari, passando per Torino. Dalla scuola al crowdfunding, startup sempre al centro delle scena.

Su questo binomio l’incontro a Milano, presso l’Istituto Cavalieri, in via Olona 14. In programma"Non spin-off, ma start-up: i giovani, il futuro, la scuola e l’impresa", convegno dedicato ai legami e alle sinergie tra scuola, startupper e mondo del lavoro.

Professionisti ed esperti del sistema educativo si incontreranno per offrire prospettive e soluzioni concrete per stimolare la nascita di startup già durante o al termine della scuola secondaria. Il convegno è organizzato da Alisei (Associazione di Promozione Sociale fondata da docenti e dirigenti scolastici lombardi).

Aprono alle 14.30 Francesco de Sanctis, Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia e Valentina Aprea, Assessore Istruzione, Formazione e Lavoro, Regione Lombardia. A seguire Mario Falanga interviene su "Il sistema scolastico italiano: argomenti, sistemi giuridici, riforme, lavoro". Giuseppe Marian parlerà di "Scuola e lavoro, ieri e oggi: otium et negotium", mentre Franco Frattini discuterà sul tema "Da know-how a know-where: di quali competenze ha bisogno il sistema delle imprese oggi".

Alle 16.45 Marco Iannacone interverrà su "Startup e pubblica utilità. Un aiuto per la dislessia: da iniziativa personale a progetto istituzionale". Chiuderanno la giornata Barbara Nebuloni su "Impresa Formativa Simulata, un percorso condiviso tra scuola e azienda" e Mariella Enoc con "Le arti dal vivo come laboratorio di competenze: l’esperienza del Progetto Laiv".

Talent Garden Torino, in via Carlo Allioni, e Studio Legal Grounds presentano un evento dedicato al crowdfunding: "L’equity-crowdfunding. Per le startup innovative". Appuntamento dalle 18: focus sul mondo del finanziamento da basso, dal reward-/donation-based all’equity nel mercato italiano. Si discuterà delle startup innovative destinatarie della raccolta e degli attori principali, illustrando dei case history.

Interverranno Alessandro Grangiotti e Micol Mimun di Legal Grounds, la prima virtual law firm italiana, Claudio Bedino, ceo e founder di Strateed, vice Presidente e founder di Icn – Italian Crowdfunding Network.

Sempre oggi, alle 18.30, all’Open Campus di Tiscali (Cagliari, Località Sa Illetta, S.S. 195, Km 2.300) incontro con Sebastiano Baghino e Giuseppe Serra di Sardegna Ricerche, che presenteranno il bando Voucher Startup – Incentivi per la competitività delle startup innovative.

Il bando prevede l’erogazione di voucher destinati alle startup per sostenere e rafforzare la loro competitività incentivando processi di innovazione di prodotto, servizio o processo. In particolare Sardegna Ricerche contribuisce alle spese sostenute dalle startup nella realizzazione degli obiettivi individuati nel business plan. Durante l’appuntamento ci sarà una breve illustrazione del bando, in termini di tempistica, modalità di partecipazione, criteri di valutazione, contribuzione e costi ammissibili. La seconda parte sarà dedicata alle domande da parte dei partecipanti.



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martedì 14 gennaio 2014

II Workshop internazionale "Un futuro per la dislessia"


Che cosa s'intende con il termine "dislessia"?



E' uno dei disturbi più comuni dell'apprendimento, diagnosticato quando i bambini mostrano accentuate difficoltà di lettura e ortografia.
Il problema di coloro che sono affetti da dislessia è legato ad una difficoltà basilare di "decodificazione" di singoli suoni o fonemi che compongono le parole di una determinata lingua.
Solo nella Gran Bretagna e negli USA, il 5 - 10 % della popolazione è affetta da dislessia, mentre in Europa la percentuale sale addirittura fino al 45%.
Circa una persona su dieci soffre di dislessia, ma non bisogna confondere i problemi d'apprendimento tipici di quest'affezione, con una mancanza d'intelligenza. Molte personalità scientifiche, politiche o storiche erano dislessiche, basti pensare a Richard Branson, Steve Jobs, Walt Disney o Eddie Izzard.


Secondo una nuova teoria scientifica - pubblicata sulla rivista "Science" - la causa dietro i problemi d'apprendimento della dislessia sarebbe un'errata comunicazione cerebrale e non l'incapacità naturale di decodificare determinate parole o suoni.
La dislessia non è associata ad alcuna compromissione evidente della vista, dell'udito o dell'area intellettiva in generale. Tuttavia il problema è reale e richiede un intervento pronto e immediato.
Recentemente, alcuni ricercatori hanno suggerito che il problema dei soggetti dislessici potrebbe essere legato ad un'errata comunicazione tra l'area del cervello che acquisisce le varie rappresentazioni fonetiche del linguaggio e quella dedicata alla loro elaborazione.
Un'interruzione nella continuità di tale processo causerebbe - appunto - lo sviluppo del deficit d'apprendimento riscontrato nei soggetti dislessici.

Dislessia: soluzione?

Via gli psicologi: per la dislessia la Sanità non esiste più

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Nessuno ti aiuta. Se hai un figlio con problemi di dislessia, la Sanità pubblica ti ha abbandonato. Non è più pubblica: è solo una superficie, un’etichetta. Gratti, e non trovi più nulla.

È il caso ad esempio che ci ha descritto una mamma sambenedettese che, a causa dei tagli imposti dalla “spending review”, non potrà usufruire della figura dello psicologo necessario per la cura del problema.

“Per i bambini dislessici, esiste un apposito esame, che deve essere svolto da uno psicologo, il quale attesta periodicamente lo stato di dislessia e consente di ottenere il Bes, ovvero il Bisogno Educativo Speciale, che consente all’alunno di beneficiare della riduzione dei carichi di studio, dei compiti a casa, e via dicendo – ci spiega la donna.

E cosa accade, ora, a San Benedetto, anzi in tutta la Provincia? Il centro sanitario chiamato a verificare lo stato del bambino affetto da dislessia si trova soltanto a San Benedetto. Si chiama U.m.e.e., Unità Multidisciplinare per l’Età Evolutiva, centro dedicato alla cura dei bambini.

Tuttavia, a causa dei tagli forti imposti alla Sanità picena, la struttura è priva di due psicologhe che devono effettuare la verifica: il personale presente non è in grado dunque di assorbire nei tempi congrui l’intero carico di lavoro. La conseguenza è che i bambini non ottengono il riconoscimento della dislessia, e dunque restano sottoposti ad un tipo di insegnamento standard e sono costretti ad uno sforzo enorme per giungere allo stesso tipo di risultati dei compagni: il tutto, oltre che con perdita di tempo e di energie, è causa anche di frustrazioni poiché i bambini non hanno una spiegazione logica del fatto che non arrivano ad un buon risultato.

“Le diagnosi hanno bisogno di un test che dura, per ciascun paziente, dalle 2 alle 3 ore”: passano mesi prima di poter prendere un appuntamento.

Ecco, dunque, come si sta riducendo la Sanità nel nostro Paese: tra tante eccellenze, restano però disservizi pericolosi che stanno indirizzando il settore pubblico italiano, un tempo rilevante a livello mondiale, verso situazioni di pre-sviluppo.

“C’è solo una soluzione per ottenere il Bes nei tempi opportuni: pagando una clinica privata. Ma io non voglio farlo per una questione di principio: deve essere la Sanità pubblica a garantire questo servizio basilare per rendere i cittadini tutti uguali, specialmente in una fase essenziale della vita come quella dell’apprendimento” aggiunge.

Continueremo ad occuparci della vicenda nei prossimi giorni.

Dislessia sintomi: la “difficoltà con le parole”, ecco di che cosa si tratta

Dislessia deriva dalla lingua greca e significa “difficoltà con le parole”.

Essa è un disturbo classificato tra i Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), rappresentando una difficoltà nel modo in cui il cervello elabora le parole e le sequenze di numeri.

La sua principale manifestazione consiste nella complessità che hanno i soggetti colpiti a leggere velocemente e correttamente ad alta voce. Tali difficoltà non posso essere ricondotte ad insufficienti capacità intellettive, a mancanza d’istruzione ( è possibile leggere un interessante articolo sulla disoccupazione in Italia nel 2013), a cause esterne o a deficit sensoriali.

La dislessia può presentarsi in diverse modalità da soggetto a soggetto. Di seguito vengono presentate le caratteristiche più comuni per quanto concerne la decodifica della singola parola o del testo scritto. Queste possono non essere tutte presenti contemporaneamente.

- Scarsa discriminazione di grafemi diversamente orientati nello spazio: il soggetto, ad esempio, confonde la “p” e la “b”; la “d” e la “q”; la “u” e la “n”; la “a” e la “e”; la “b” e la “d”…

- Scarsa discriminazione di grafemi che differiscono per piccoli particolari: il soggetto, ad esempio, può confondere la “m” con la “n”, la “c” con la “e”, la “f” con la “t”, la “e” con la “a”… questo accade soprattutto se si tratta di una scrittura in corsivo (cliccando sul link è possibile leggere un piacvole pezzo sulla modalità di scrittura dei tatuaggi, con particolare attenzione al corsivo) o in script.

- Scarsa discriminazione di grafemi che corrispondono a fonemi sordi e fonemi sonori: il soggetto, ad esempio, mostra difficoltà nel discriminare una “s” sorda da una “s” sonora, una F da una V, una T da una D, una P da una B, una C o una G.

- Difficoltà di decodifica sequenziale: il soggetto, manifesta con frequenza i seguenti errori: omissione di grafemi e di sillabe, salti di parole e salti da un rigo all’ altro, inversioni di sillabe, aggiunte e ripetizioni.

- Prevalenza della componente intuitiva: il soggetto che presenta difficoltà di lettura tende ad intuire la parola scritta e ciò rappresenta una fonte di errori, definiti di anticipazione.