A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

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giovedì 28 febbraio 2013

Dislessia: in Italia diagnosticati 30 mila nuovi casi ogni anno, ma spesso sui ragazzi si sbaglia

 


Giacomo Stella, psicologo clinico, docente all'Università di Modena e Reggio Emilia, una sfilza di libri e una vita dedicata alla dislessia, è soddisfatto: in Italia c'è una nuova sensibilità al disturbo. Esiste anche una legge (la 170 del 2010) che gli dà piena identità e stabilisce quali strumenti di appoggio ed esenzioni debbano essere adottati e c'è la presa in carico degli insegnanti.


Oggi però le scuole sembrano traboccare di dislessici, in ogni classe c'è almeno un ragazzino che è in crisi con la lettura, l'ortografia o le tabelline. Le cifre ufficiali parlano del 5% della popolazione scolastica e i nuovi casi superano i trentamila all'anno.

La dislessia sembra una nuova epidemia, oppure l'attenzione ha preso la mano a tutti: si sospetta che la "trasparenza dell'italiano", ovvero il fatto che si legga come si scrive, abbia per troppo tempo occultato la reale incidenza del disturbo in Italia.

Questo problema è prorompente nei paesi anglosassoni, dove sfiora l'8% della popolazione. Valentina Bambini, ricercatrice del centro di Neurolinguistica e sintassi teorica della Scuola superiore universitaria IUSS di Pavia, spiega che se ci esprimiamo in termini di fonemi e grafemi (le unità della lingua parlata e scritta), la differenza è impressionante: l'italiano ha circa 25 fonemi e 33 grafemi, fra la fonologia e l'ortografia la sovrapposizione è totale.

L'inglese ha 40 fonemi e 1.120 grafemi, una lingua ostica, inevitabilmente, per chi ha problemi con la lettura. Già nel 1985 su mille studenti americani e italiani, una ricerca mise in evidenza una frequenza della dislessia negli Stati Uniti doppia che in Italia.

I metodi di studio del cervello sofisticati, in grado di scoprire quali aree cerebrali sono attive mentre si svolgono certe azioni e compiti, hanno aggiunto alla conoscenza della dislessia la"cecità delle parole": dimostrare che c'è una diversa densità della materia grigia a livello del lobo temporale sinistro del cervello (quello più implicato nel riconoscimento e l'elaborazione visiva del linguaggio).

Esiste una "neurodiversità", così la definisce Giacomo Stella, che è presente in uguale misura in dislessici adulti inglesi, francesi e italiani. La dimostrazione viene da uno studio pubblicato sulla rivista "Brain" da vari ricercatori tra i quali Daniela Perani, neuroscienziata dell'università del San Raffaele di Milano.

Questa diversità a livello di neuroni deve essere sostenuta, ma non guarisce visto che in età adulta la dislessia è ancora presente nel 75% di quelli che ne hanno sofferto da piccoli. Quindi c'è una conferma che qualcosa di ereditario ci sia in questo disturbo.

La dislessia è un Disturbo Specifico dell'Apprendimento (DSA), Con questo termine ci si riferisce ai soli disturbi delle abilità scolastiche ed in particolare a: DISLESSIA, DISORTOGRAFIA, DISGRAFIA E DISCALCULIA.

La principale caratteristica di questa categoria è le sue specificità, ovvero il disturbo interessa uno specifico dominio di abilità (lettura, scrittura, calcolo) lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.

Per avere una diagnosi di dislessia, il bambino non deve presentare deficit di intelligenza, problemi ambientali o psicologici, deficit sensoriali o neurologici. Tale disturbo è determinato da un'alterazione neurobiologica che caratterizza i DSA (disfunzione nel funzionamento di alcuni gruppi di cellule deputate al riconoscimento delle lettere-parole e il loro significato).

La dislessia è una difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. Leggere e scrivere sono considerati atti così semplici e automatici che risulta difficile comprendere la fatica di un bambino dislessico.

Si manifesta con una lettura scorretta (numero di errori commessi durante la lettura) e/o lenta (tempo impiegato per la lettura) e può manifestarsi anche con una difficoltà di comprensione del testo scritto indipendente sia dai disturbi di comprensione in ascolto che dai disturbi di decodifica (correttezza e rapidità) del testo scritto.

Il bambino con dislessia,oggi, viene aiutato con vari strumenti come il registratore, dei programmi di videoscrittura con correttore ortografico, la calcolatrice. La normativa non prevede l'insegnante di sostegno, per cui il lavoro aggiuntivo può diventare un carico pesante per l'insegnante.

Fortunatamente cominciano ad essere disponibili, offerti in omaggio dalle case editrici in questa fase sperimentale, libri studiati per i dislessici, che facilitano la lettura attraverso espedienti di colore, di maggiore distanza fra le frasi, di sottolineatura di parole chiave.
Nel corpo insegnante però c'è tanta paura di sbagliare.

Jubin Abutalebi, docente di neuropsicologia all'università del San Raffaele di Milano, vede molti di questi bambini (per legge sono le Asl e gli ospedali che devono fare la diagnosi) e spesso arrivano dei ragazzini definiti dislessici dagli insegnanti, che ad un esame approfondito si rivelano normali. Secondo Abutalebi (e non solo) solo studi ulteriori chiariranno meglio questa "diversità" dei dislessici.






Elezione nuovo Presidente dell'Associazione D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

Di recente è stata eletta Titti Gaeta, Presidente dell'Associazione di genitori di ragazzi D.S.A., certo del suo impegno faccio i miei più sentiti auguri a Titti per la nomina. Auguro a tutto il Direttivo buon lavoro.
Bruno D'Acunzo



mercoledì 27 febbraio 2013

DSA e scuola: quale futuro?

Siamo in un momento di forte cambiamento, le dinamiche educative stanno evolvendo verso forme nuove e pluralistiche, la multidisciplinarità inizia ad assumere ruoli dominanti, la diversità diventa il principio di ogni processo formativo. Di fronte a un mondo che corre velocemente verso nuovi approcci e nuove esigenze, la scuola - diciamolo senza vergogna - comincia ad annaspare. Non è colpa sua, né del Governo, né delle istituzioni. Non serve a nulla cercare il punto debole di un sistema che, da solo, non sussiste più. Bisogna partire da qui.
Ricominciare. Ma sopratutto "rinnovare". Lo scorso 8-9 febbraio si è svolto a Firenze un importante convegno dal titolo "In classe ho un bambino che..." organizzato dalla Giunti (casa editrice leader nel settore scuola ed educazione), in particolare dalla rivista "Psicologia e scuola", un punto di riferimento fondamentale in questo periodo di novità. Il giornale, infatti, tenta di avvicinare quanto più possibile gli insegnanti agli studi accademici che hanno come oggetto la scuola e i processi psicologici. Per farlo cerca di semplificare e mettere alla loro portata anni e anni di ricerche universitarie in questa direzione.