A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

venerdì 23 marzo 2012

Cosa sono i test di Wechsler?

La WAIS-RLa Wechsler Adult Intelligence Scale-Revised (WAIS-R) è l’edizione più recente e adattata in italiano delle scale di intelligenza create da David Wechsler (1958, 1981). Si tratta di un insieme di subtest che indagano le abilità cognitive, verbali e pratiche, negli adolescenti e negli adulti.
L’innovazione principale introdotta dalle scale di Wechsler consiste nel superamento della visione della misurazione dell’intelligenza basata sul calcolo del quoziente intellettivo (Q.I.), inteso come rapporto tra età mentale e cronologica (QI= EM/EC), sostituendolo con il concetto di QI di deviazione. Con il concetto di età mentale si intendeva attribuire alle persone un livello di prestazione intellettiva paragonabile a quella tipica della media degli individui di una determinata età. Nelle scale di Wechsler, invece la prestazione dell’individuo viene confrontata con quella della popolazione generale. Viene inoltre misurata l’efficienza delle diverse funzioni, che sono alla base dei subtest, all’interno di uno stesso soggetto.
Per attuare il confronto della singola performance con quelle della popolazione generale, vengono usati i punteggi standard, con media uguale a 100 e deviazione standard uguale a 15, che consentono di valutare quanto un soggetto “devia” dall’andamento della popolazione di appartenenza. Tali punteggi, inoltre, sono stati calcolati in base a ciascuna età considerata.
Secondo Wechsler, l’intelligenza è una capacità globale che fa riferimento al modo in cui l’individuo comprende e affronta la vita quotidiana; egli la concepisce come una capacità mentale superiore di tipo globale e di natura multidimensionale. Tutte le abilità mentali superiori rivestono lo stesso peso nella determinazione dell’intelligenza globale; esse fanno riferimento a comportamenti intelligenti di tipo verbale e non verbale.
La WAIS-R si compone di 11 subreattivi che valutano le diverse abilità mentali superiori; di questi, 6 sono finalizzati alla misurazione dell’intelligenza verbale (Informazione, Memoria di cifre, Vocabolario, Ragionamento aritmetico, Comprensione, Analogie) e 5 di quella di performance (Completamento di figure, Riordinamento di storie figurate, Disegno con i cubi, Ricostruzione di oggetti, Associazione di simboli a numeri).
I criteri di somministrazione sono riportati nel manuale della WAIS-R (Wechsler, 1981). L’esperienza clinica dimostra che il comportamento del soggetto durante le varie prove può evidenziare caratteristiche psicologiche, quali la tenacia o la tendenza rinunciataria, la paura di sapere poco o la preoccupazione di mostrarsi colto, inclinazioni ossessive ecc. Inoltre, risulta utile indagare sulle cause del fallimento relativo a particolari item o subtest (a prova conclusa), in modo da comprenderne il processo di pensiero che ne è alla base.

Sportello Dislessia e DSA

L’Università di Pisa mette a disposizione uno sportello dedicato per gli studenti dislessici e con DSA (Disturbi Specifici di Apprendimento) . Lo sportello offre:
  • interventi di mediazione con i docenti in vista degli esami orali o scritti;
  • tutorato specifico (redazione appunti, registrazione lezioni) per le attività didattiche;
  • informazioni sulle procedure di immatricolazione e sui test d’ingresso;
  • incontri individuali di consulenza didattica.
  • diagnosi e certificazione dettagliata e aggiornata per studenti sprovvisti di una diagnosi o in possesso di una diagnosi non aggiornata (cioè di più di tre anni). La diagnosi e la certificazione verranno condotte, in convenzione con l’Istituto Stella Maris, secondo le nuove normative della Consensus Conference di Roma (Istituto Superiore di Sanità , 6-7 dicembre 2010) e del PARCC (Panel di Aggiornamento e Revisione della Consensus Conference 2007) pubblicato nel febbraio 2011.
Informazioni
e-mail: dsa@adm.unipi.it
telefono: +39 050 2213434
fax: +39 050 2213610
Indirizzo: Largo Bruno Pontecorvo 3 - 56127 Pisa
Dislessia evolutiva
La dislessia evolutiva (DE) è un quadro clinico caratterizzato da una difficoltà nell’acquisizione della lettura che si associa frequentemente a difficoltà di altre abilità scolastiche di tipo strumentale (scrittura, calcolo), nell’ambito di capacità cognitive generali nella norma. La lettura delle persone con dislessia risulta molto lenta e faticosa e non raggiunge l'automaticità propria di questa funzione, ostacolando l'attività di studio autonomo di questi studenti che hanno bisogno di costante supporto per poter affrontare il curriculum scolastico obbligatorio. In molti casi la difficoltà di lettura e scrittura non viene riconosciuta come caratteristica neurobiologica della persona e viene attribuita a mancanza di impegno dello studente con conseguenze spesso molto negative sulla carriera scolastica e sulla stima di sé, limitando le potenzialità di sviluppo dell'individuo anche in ambito lavorativo.
Nei casi non riconosciuti e quindi non correttamente affrontati, queste difficoltà si traducono frequentemente in un abbandono scolastico, o nella scelta di un percorso formativo e poi di attività lavorative decisamente inferiori alle reali capacità dell’ individuo. Una letteratura crescente documenta inoltre un’aumentata incidenza di disturbi psicopatologici associati (ad es. depressione, ansia). Ancora spesso purtroppo la dislessia viene diagnosticata tardivamente quando le potenzialità di recupero si riducono e le conseguenze secondarie del disturbo hanno già creato danni notevoli.
Lo status di entità della Dislessia evolutiva è già da decenni riconosciuto nei paesi anglofoni, ma solo di recente è stato pienamente accolto anche nel nostro Paese con l’approvazione della Legge 8 Ottobre 2010 n. 170 (“Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico”), che  persegue tra le altre finalità quella di garantire il diritto dell’istruzione, favorire il successo scolastico dei bambini e ragazzi con DE, mentre la  Consensus Conference dell’Istituto Superiore di Sanità  (dicembre 2010) formula raccomandazioni cliniche per la diagnosi e l’organizzazione dei servizi. I progressi nelle conoscenze scientifiche della Dislessia Evolutiva hanno portato in questi ultimi anni  a un miglioramento nelle procedure diagnostiche e terapeutiche per cui ragazzi che spesso abbandonavano fino a un decennio fa la scuola ora riescono ad arrivare all'istruzione superiore e all'Università.

Questo è accaduto l'anno scorso

Test: sapresti superare ora l'esame di terza media?
16/06/2011

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Sono appena cominciati gli esami di terza media, mercoledì 15, con la prova scritta d'italiano, cui seguiranno, fino a sabato, gli altri scritti. Lunedì 20 sarà la volta della prova Invalsi, la più temuta dagli studenti, dopo il colloquio orale, secondo un sondaggio del sito Sudenti.it. Il test Invalsi (o "Prova Nazionale") è una prova scritta che ha lo scopo di valutare i livelli di apprendimento degli studenti al terzo anno della scuola secondaria di primo grado (scuola media). I contenuti dei test sono realizzati dall'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione (Invalsi). Introdotto con la legge n. 276 del 2007, il test è suddiviso in due parti: una prova di matematica ed una d'italiano.

Ecco come funziona la prova Invalsi. La prova d'italiano, costituita da 25 quesiti, è suddivisa in due parti: nella prima, che riguarda la comprensione del testo, gli studenti devono leggere due brani e poi rispondere a 15 domande, finalizzate a verificare se si riesce a comprendere e ricordare le informazioni ottenute dal brano appena letto, compreso il significato di particolari vocaboli. Nella seconda parte, gli studenti devono rispondere a 10 domande sulla grammatica italiana, col fine di verificare se sono in grado di fare una analisi grammaticale del testo, individuando i vari elementi di una frase (aggettivi, pronomi, verbi e così via). La prova di matematica consiste invece in 25 quesiti sugli argomenti del programma scolastico. Lo scopo è di valutare se lo studente ha compreso i vari procedimenti di matematica, algebra e geometria studiati e se è in grado di utilizzarli senza problemi. Per rispondere ai test d'italiano, ci sono a disposizione 75 minuti (15 in più rispetto all'anno scorso). Poi c'è una pausa di 15 minuti e, di seguito altri 75 minuti per il test di matematica.

Tu saresti in gradi di superare questi test? Puoi provarlo direttamente, grazie ai test messi a disposizione sul web, basate sulle prove degli anni precedenti.
http://quartaprova.scuola.zanichelli.it/test-per-allenarsi-alla-prova-invalsi-di-matematica-nella-scuola-secondaria-di-primo-grado/

giovedì 22 marzo 2012

DISLESSIA: TRA INNOVAZIONE E PREGIUDIZIO

dislessiaNonostante la diffusa informazione ed una legge ad hoc si assiste ancora aggi ad episodi di discriminazione
Trent’anni fa lo sceneggiatore Ugo Pirro raccontò in un libro la difficoltà di suo figlio con la lettura, affrontando per la prima volta il problema della dislessia. Ancora oggi sono pochi gli studenti con disturbi specifici di apprendimento (DSA) che frequentano le università ma il loro numero è in aumento grazie alla L. n. 170 ed al successivo decreto attuativo con le annesse linee guida.

DISLESSIA – Si tratta di un disturbo che comporta difficoltà nell’imparare a leggere e che riguarda circa il 5% della popolazione scolastica. Quest’ultima necessita di una modalità didattica dedicata, comprensiva di strumenti compensativi e dispensativi. La diagnosi andrebbe fatta entro la fine della seconda primaria, ma spesso il problema emerge in terza, quando la lettura dovrebbe essere ormai fluente e invece si assiste alla difficoltà nel distinguere i diversi fonemi. Si tratta di bambini intuitivi e creativi, intelligenti spesso anche oltre la media, che hanno un’eccezionale memoria visiva, sanno integrare le nuove informazioni in modo globale ed apprendono facilmente mediante l’operatività concreta. Per ragioni biologiche legate ai domini dei due emisferi, il cervello ha però una diversa funzionalità in campo fonologico-uditivo, che comporta difficoltà nella lettura.

INIZIATIVE DI FORMAZIONE – In base alla L. n. 170/10 la scuola deve oggi predisporre
Piani didattici Personalizzati per gli allievi con DSA. I docenti non sono però adeguatamente formati e perciò spesso tali piani non riescono a tradursi in una reale azione didattica efficace. Per tale ragione, sono diverse le iniziative formative promosse da enti ed associazioni. In Umbria è partito un intervento formativo che coinvolge 1800 operatori scolastici; a Matera ha preso il via un progetto che consentirà di attivare uno sportello di consulenza per le scuole; la Provincia di Viterbo sta realizzando dei seminari per fornire a genitori e docenti gli strumenti per riconoscere i sintomi della dislessia; il MIUR, la Fondazione Telecom Italia e l’AID premiano 50 progetti di scuole italiane per combattere la dislessia, selezionati attraverso un bando che ha registrato una grande partecipazione. Ciò che manca, però, è un piano di formazione ministeriale, capillare ed univoco, che coinvolga tutti i docenti in servizio nella scuola italiana.

INFORMAZIONE E PREGIUDIZIO – Per affrontare la dislessia è necessario conoscerla ed introdurre metodologie didattiche adeguate. È il messaggio contenuto nel libro "200 giorni", di L. Collerone, ricercatrice che ha conseguito ottimi risultati con il metodo "
LiberaMente imparo". Recentemente anche RAI Uno ha trasmesso una fiction dal titolo "A fari spenti nella notte", che ripercorre la storia di dislessia dello sceneggiatore del film, Umberto Mattone, figlio di Ugo Pirro. Purtroppo, però, la cronaca riporta anche episodi sgradevoli, come quello di una docente che, pur consapevole della dislessia del suo alunno, di fronte alle sue difficoltà lo ha obbligato a fare delle flessioni sulle braccia, umiliandolo. A Genova, invece, una studentessa dislessica è dovuta ricorrere al TAR perché si pronunciasse contro la doppia bocciatura all’esame di maturità, stabilendo anche un indennizzo per il danno subìto. Si auspica vivamente che con il crescere dell’informazione e della formazione non si registrino più episodi del genere.

Scuola: cosa possono fare i genitori per il rendimento dei figli

20/03/2012
scuola - esami di maturitaDedicarsi ai propri figli, dai primi anni di vita fino a tutta l'adolescenza - leggendo loro dei libri, parlando con loro e scambiando idee - oltre a farli crescere bene li fa andare anche meglio a scuola. Lo dimostra la rilevazione Pisa, quella promossa dall'Ocse e basata sulle prove Invalsi, che serve a valutare le competenze degli studenti nei diversi Paesi. Secondo uno degli ultimi rapporti Pisa, i genitori possono fare molto, per contribuire alla riuscita scolastica dei figli. Si è scoperto, ad esempio, che gli studenti quindicenni con i quali i genitori leggevano spesso libri durante il primo anno di scuola primaria hanno ottenuto, nelle prove Pisa, punteggi nettamente più alti rispetto agli studenti insieme ai quali i genitori leggevano raramente o per niente.
In più c'è un'ottima notizia: si è visto che il vantaggio ottenuto dagli studenti con i quali i genitori leggevano durante i primi anni di scuola non dipende dall'ambiente socio-economico della famiglia. Per cui non serve un dottorato di ricerca o un numero illimitato di ore, per far sì che i genitori facciano la differenza. Infatti, molte attività genitori-figli associate con un miglior rendimento in lettura degli studenti richiedono relativamente poco tempo e nessuna conoscenza specialistica. Ciò che invece è necessario, secondo i ricercatori che hanno curato il rapporto, è nutrire un vero interesse e impegnarsi attivamente. E l'attenzione non deve mai venir meno. Pare infatti che anche l'impegno dei genitori nei confronti dei loro figli quindicenni sia fortemente associato con migliori risultati nelle prove Invalsi.

Dislessia. Come riconoscerla e cosa fare quando si scopre

Fatica a leggere, confonde i suoni delle parole e apprende meno di quanto la sua intelligenza farebbe pensare. Il bambino, potrebbe soffrire di dislessia
Oggi esistono strumenti e programmi personalizzati che possono permettere di raggiungere mete importanti nello studio e nel lavoro. "I dislessici sono bambini estremamente intelligenti. Soffrono di un disturbo neurobiologico, che rende loro difficile interpretare la sequenza delle lettere e abbinare i suoni alle parole", spiega a più Sani più Belli Marco Santilli, pedagogista clinico, responsabile dei Centri specialistici per l’eliminazione della balbuzie. "La conseguenza sono difficoltà di lettura ed errori di ortografia numerosi. Questi ragazzini hanno però la stessa capacità di apprendere degli altri. La dislessia, è una malattia organica e quindi il comportamento di mamme, papà, e insegnanti non c’entra con la sua comparsa. Anche se l’ambiente può influire.
Strettamente legata alla dislessia è la discalculia: disturbo specifico del sistema dei numeri e del calcolo. "È un’alterazione organica per cui si hanno difficoltà con i numeri e i calcoli", spiega Marco Santilli. Per scoprire se il figlio ne soffre, vanno tenuti d’occhio la difficoltà e la lentezza nel calcolo, le difficoltà nella motricità fine (per esempio a tenere in
mano una matita), nell’organizzazione delle sue cose e del tempo, la lentezza nell’imparare la sequenza temporale, per esempio dei giorni o delle ore, la difficoltà nella lettura e nella scrittura e/o nel calcolo. Per allenare la mente del ragazzino con discalculia sono utili esercizi semplici di calcolo, da rivedere più volte per imparare la logica che c’è alla base.
I segnali età per età
Tra i 3 e i 5 anni

Il bambino pronuncia male alcune parole lunghe, inverte alcuni suoni, ha difficoltà a dare un nome appropriato agli oggetti e a imparare nuovi termini, è lento a scrivere il proprio nome.

Tra i 5 e i 7 anni

Alza la guardia se: ha difficoltà di lettura, si fa distrarre facilmente dalle figure a discapito delle parole, non ricorda bene la sequenza delle cose (per esempio numeri, giorni etc), fa fatica ad allacciarsi le scarpe.

Tra i 7 e 12 anni
Lettura lenta, ortografia sbagliata, lessico limitato quando scrive, difficoltà a ricordare numeri di telefono, proverbi e modi di dire, ha un diario molto confuso.
Che cosa fare quando si scopre
La diagnosi di dislessia viene fatta da psicologi, logopedisti e neuropsichiatri infantili, che vengono coinvolti dalle insegnanti con la collaborazione della famiglia. Non bisogna avere fretta di ottenere una diagnosi. L’importante è che il bambino sia valutato correttamente.

Programmi personalizzati
Oggi ci sono programmi computerizzati (approvati dal Ministero della Salute) da usare a scuola e a casa per aiutare a leggere e scrivere. Anche i programmi scolastici devono essere personalizzati. I ragazzi dislessici, devono avere meno compiti dei compagni, per riuscire a rileggerli più volte. Se hanno difficoltà a scrivere in corsivo devono essere liberi di usare lo stampatello o il computer. Non devono essere forzati a leggere ad alta
voce. I programmi devono essere studiati coinvolgendo le insegnanti, il ragazzo, i genitori e gli specialisti.

Verifiche leggere
Anche le verifiche a scuola devono essere studiate ad hoc. Devono contenere meno domande rispetto al compito standard e i ragazzi dislessici devono avere più tempo a disposizione per il compito in classe.

I compiti

È bene aiutare il ragazzino sin da quando è molto piccolo, leggendogli libri semplici ad alta voce. In questo modo imparerà nuovi termini senza fatica. Non eccedere però in zelo: la lettura e l’aiuto dei genitori non devono farlo sentire diverso dagli altri.

lunedì 19 marzo 2012

Mio figlio dislessico e una prova impossibile

La Repubblica del 18-03-2012

Sono la madre di un ragazzo di 13 anni che frequenta una scuola secondaria di primo grado a Milano. Mio figlio il 15 marzo ha svolto la gara del "Kangorou della Matematica" (prova nazionale di matematica) poiché la scuola che frequenta partecipa al concorso. Mio figlio è affetto da disturbo specifico dell'apprendimento (certificato dal neuropsichiatra) e in particolare ha un livello medio grave di dislessia e discalculia. Tradotto: legge con fatica e non sa fare calcoli a mente, nemmeno le fatidiche tabelline. Come da regolamento del concorso, il docente non ha consentito a mio figlio l'uso della calcolatrice e delle mappe concettuali. Tali strumenti non sono "aiutini" per scolari pigri o impreparati, ma una possibilità attraverso la quale mio figlio può partecipare normalmente alla vita scolastica senza sentirsi escluso né inadatto. Trovo discutibile (e discriminante) questa scelta, poiché non si è affetti da Dsa a tempo variabile. Lo si è sempre per tutta la durata dell'anno scolastico, tant'è che gli esami di stato prevedono per alunni con Dsa l'utilizzo di strumenti compensativi.
Laura Gargioni (agiobella@yahoo.it)