A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

venerdì 9 marzo 2012

L'inglese e i Dislessici

L’insegnamento delle lingue e i dislessici

di Anna Chiarenza - Vittoria Coniglione
Un’indagine proposta dalla Associazione Italiana Dislessia sottolinea come su circa 400.000 alunni iscritti nelle scuole superiori italiane 12.000-20.000 presentino caratteristiche assimilabili alla dislessia. Si calcola che circa il 4% della popolazione italiana sia colpito da questo “impedimento” che, riducendo l’abilità di codificazione e decodificazione della parola scritta, pregiudica il rendimento scolastico.La presenza di un congruo numero di dislessici nella popolazione scolastica italiana richiede una nuova coscienza di metodologie specifiche e merita un approfondimento sulla reale natura di questa che è stata definita una disabilità invisibile ma che in realtà è una differenza di apprendimento. Nel nostro paese, alle consuete difficoltà di diagnosi dovute sia alla grande varietà di forme che di gravità tipiche della dislessia, spesso confusa con altri disordini per la presenza di iperattività e limitata concentrazione, si aggiunge una scarsa informazione sul problema, noto agli specialisti solo a partire dagli anni Novanta. Vi sono inoltre alcune caratteristiche precipue della lingua italiana che celano l’effettivo grado di automatizzazione raggiunto dagli studenti in queste abilità. Spesso i docenti nei diversi gradi della scuola italiana, seppur consci dell’importanza dell’abilità linguistica per il raggiungimento di un soddisfacente successo scolastico, non sono in grado di riconoscere i sintomi della dislessia che è, in certi casi, la principale causa di risultati mediocri anche in ragazzi di intelligenza normale o superiore. Identificare il problema può tradursi in un reale cambiamento nella vita di questi studenti, come dimostrano gli studi condotti in altri paesi ed in particolare negli Stati Uniti, dove la dislessia (la cui incidenza è marcatamente più elevata 17-20%) è oggetto di studi scientifici sin dagli anni Sessanta, ed è stato dimostrato che il grado di successo scolastico degli studenti con differenze di apprendimento è da attribuire in grande parte alla metodologia didattica adottata. Quando si parla di dislessia è utile, innanzitutto, chiarire che non si tratta di una disabilità o di un deficit intellettivo come viene dimostrato da brillanti risultati in aree cognitive ed accademiche diverse dal linguaggio. Si tratta di un disordine di natura genetica e correlato al linguaggio, causato dal cromosoma sedici, che pregiudica il processo di elaborazione e conservazione dei dati e la capacità di richiamare alla memoria ed utilizzare le informazioni di carattere linguistico. La varietà di forme e gravità con cui la dislessia si presenta è da mettere in relazione alle differenze strutturali della corteccia cerebrale. La dislessia è però un disordine complesso dove le componenti genetiche ed ambientali interagiscono contribuendo ad aumentarne l’incidenza. Situazioni familiari particolari ed un approccio didattico tradizionalista e miope, che non rileva il malessere di certi studenti, sono la causa di un disagio che dall’ambito scolastico si amplia sino a divenire psicologico e sociale. Un’analisi e un confronto delle caratteristiche fonologiche delle diverse lingue ci spingono ad ipotizzare che la costante e uniforme rappresentazione grafica dei suoni (come nel caso della lingua italiana) possa ridurre l’incidenza della dislessia. In alcuni casi, gli studenti riescono ad elaborare strategie compensative capaci di minimizzare il disagio. Sembra che le difficoltà di lettura e scrittura della lingua italiana, per quanto rilevanti in taluni casi, possano essere circoscritte ed in qualche misura superate per le caratteristiche intrinseche della nostra lingua. È però necessario sottolineare che nello studente con una reale dislessia permane una latente, ma incurabile incertezza che potremmo definire mancanza di completa automatizzazione delle abilità di lettura scorrevole e di una corretta ortografia. Questo ci induce a spiegare il perché, in Italia, la dislessia si manifesti in tutta la sua problematicità nelle scuole secondarie, non appena lo studente affronta lo studio di una lingua straniera, dell’inglese o del francese in particolare. Il codice grafico-fonologico di queste lingue è, infatti, completamente diverso da quello italiano. La richiesta da parte dei docenti di lingua straniera di acquisire in tempi rapidi l’abilità di lettura e soprattutto di scrittura è realmente al di sopra delle possibilità dello studente dislessico e quindi l’impatto col nuovo codice linguistico può diventare un ostacolo insormontabile che può minare anche l’autostima dell’allievo. La vasta esperienza e i numerosissimi studi descrittivi ed empirici condotti nei paesi di lingua inglese sono utili per comprendere come la dislessia complichi l’apprendimento delle lingue straniere e quali siano esattamente le aree di problematicità. Dobbiamo tener conto delle caratteristiche della lingua italiana e non sottovalutare il fatto che l’apprendimento di una lingua si fonda su quello della lingua madre e che i fattori che rappresentano un ostacolo o che hanno un impatto negativo sulla prima lingua hanno un effetto simile nell’apprendimento anche della lingua straniera. Da molti anni ormai i ricercatori hanno dimostrato che non esiste una disabilità specifica nell’apprendimento delle lingue straniere, ma la difficoltà è inerente alla più ampia problematica connessa all’acquisizione di qualsiasi lingua, anche quella madre. Gli studenti che sono ostacolati nell’apprendimento dell’inglese o del francese, ad esempio, non presentano un deficit linguistico specifico ma semplicemente delle differenze linguistiche. L’area maggiormente interessata è quella concernente le abilità di codificazione e decodificazione fono-grafologiche e secondariamente, e solo in alcuni casi, anche nell’area semantica e nel sistema della memoria fonologica a breve e lungo termine. Tali difficoltà influenzano fortemente l’elaborazione del linguaggio poiché la ridotta abilità nel formare tracce stabili dei suoni delle parole straniere all’interno della memoria fonologica può essere la causa della mancata memorizzazione a lungo termine. Si è giunti così alla tesi di una somiglianza dei profili linguistici degli studenti definiti a rischio nell’apprendimento della lingua straniera e quelli che avevano già manifestato difficoltà di linguaggio, in particolare nell’apprendere abilità di lettura e di corretta ortografia nell’infanzia. Le principali similarità sono state riscontrate nella difficoltà a collegare fonologia e ortografia, nella memoria delle regole ortografiche e nell’applicazione di tali regole. Un’intelligenza spiccata, una assistenza costante già nelle prime fasi dell’apprendimento della lettura e della scrittura ed in generale dell’espressione linguistica, la sovraesposizione alla prima lingua possono essere spesso determinanti nel mascherare la presenza dei sintomi di dislessia nella lingua madre, ma all’impatto con la lingua straniera la difficoltà di apprendimento del nuovo codice può riaffiorare in maniera evidente. In presenza di una disabilità, si ritiene che non possa attuarsi un vero apprendimento o che comunque sia necessario adottare un radicale cambiamento dei contenuti o effettuarne una selezione. Va ribadito però che la dislessia non può essere associata alle disabilità, poiché si tratta di un disordine legato allo sviluppo del linguaggio e che i dislessici sono intelligenti, spesso dotati di capacità artistiche notevoli. Numerosi studi di ricercatori hanno ampiamente dimostrato che l’apprendimento avviene se le strategie utilizzate sono quelle appropriate ai diversi casi. In particolare, le ricerche effettuate nei paesi di lingua inglese dimostrano che si può potenziare l’elaborazione del linguaggio adottando tecniche utili per tutti gli studenti ma particolarmente efficaci per i dislessici. Adattare l’insegnamento della lingua per la presenza di dislessici in classe non significa limitare i contenuti ma piuttosto utilizzare strategie diverse che, pur mirate al soddisfacimento delle esigenze degli studenti linguisticamente più deboli, potenziano le abilità di tutto il gruppo classe. Per procedere alla identificazione delle strategie più efficaci è necessario tenere presente che molti studenti potenzialmente dislessici non sono diagnosticati ma semplicemente etichettati come distratti, pigri o svogliati e che questo disordine si manifesta in alunni con un grado di intelligenza spesso superiore alla norma in aree diverse da quella linguistica. Va ricordato che le differenze tra una persona dislessica ed una non dislessica si manifestano principalmente nell’apprendimento dell’abilità della lettura e della scrittura e che tali differenze non sono particolarmente visibili; infine l’invisibilità del problema può essere acuita dalle caratteristiche fonologiche dell’italiano. Considerando la situazione nel nostro paese, è molto importante leggere e valutare i diversi suggerimenti dei ricercatori di altri paesi, in particolare di lingua inglese, ed adattare tali idee alle concrete e diverse necessità degli studenti che incontriamo nella realtà delle nostre classi. Ricordiamo che, ad esempio, nei paesi di lingua inglese l’incidenza di dislessici è di quasi il venti per cento della popolazione e le difficoltà che gli studenti anglofoni incontrano già nella lingua madre sono marcate. Negli Stati Uniti la ricerca sulla dislessia si è sviluppata partendo proprio dalla constatazione che un elevato numero di studenti universitari, brillanti in tutte le discipline, sembravano incapaci di apprendere una lingua straniera. L’incongruità della situazione portò i ricercatori alla constatazione che molti studenti, classificati come disabili, avevano semplicemente difficoltà di lettura, un deficit esclusivamente limitato all’area della elaborazione fonologica che è il segno della carenza di una coscienza della struttura sonora delle parole. Gli studi sistematici condotti nei decenni successivi hanno portato i ricercatori americani alla conclusione che gli studenti con deboli abilità nella lingua madre ottengono risultati scadenti nella lingua straniera a causa delle scarse abilità espressive, fonologiche ed ortografiche nella lingua madre e già dagli anni ’90 veniva consigliato un approccio all’insegnamento della lingua straniera che fornisse un’istruzione diretta dei sistemi fonologici, ortografici e sintattici della nuova lingua per compensare tali carenze già presenti nella lingua madre. L’approccio multisensoriale strutturato in maniera sequenziale utilizzato per insegnare le lingue straniere (la lettura e la scrittura in particolare) nei paesi anglosassoni ha dato risultati molto soddisfacenti poiché, confrontando i dati relativi a vari gruppi esposti ad approcci differenti, coloro che avevano fruito di quello multisensoriale ne avevano beneficiato fortemente conseguendo risultati di gran lunga superiori a quelli di studenti che avevano seguito corsi tradizionali. I progressi realizzati nell’apprendimento della lingua straniera dagli studenti a rischio grazie ad un’istruzione mirata erano visibili e riflessi anche nella lingua madre e si riscontrava un atteggiamento positivo nei confronti della lingua straniera. La dislessia si manifesta attraverso una serie di comportamenti che l’insegnante può riconoscere ma la diagnosi dello specialista è assolutamente necessaria. La scarsa attenzione, la difficoltà a mantenere la concentrazione, l’irrequietezza fisica, la lentezza e la confusione nell’esecuzione delle consegne e delle tradizionali attività di classe sono spesso indicativi, ma è l’attenta osservazione delle abilità di comunicazione orale e scritta degli studenti che può fornirci utili informazioni sul processo di elaborazione del linguaggio, che è l’indicatore privilegiato per valutare se si è in presenza di una forma di dislessia o meno. Oltre che impreparati a riconoscere i sintomi della dislessia, noi docenti siamo incerti su come fornire un corretto supporto agli studenti per venire incontro alle loro diverse necessità di apprendimento. Vi è talvolta confusione sulla natura di tale supporto, non ultimo su chi, dove e in che forma deve fornirlo e ciò che in tale programma deve essere incluso. Non vi è dubbio che una diagnosi precoce, un trattamento appropriato da parte degli insegnanti coadiuvati da uno psicologo e dalla famiglia, possano sicuramente migliorare i risultati scolastici degli studenti ed aumentare la loro autostima e fiducia in se stessi. È necessario offrire a tutti gli studenti di lingue straniere pari opportunità di apprendimento, consapevoli che la loro ricompensa sarà un passaporto linguistico per una diversa cultura.

giovedì 8 marzo 2012

8 marzo, Auguri a tutte le donne

1.200 firme di sostegno all'emendamento sulle prove Invalsi


Bruno Moretto, Comitato bolognese Scuola e Costituzione - E' stato inviato oggi ai presidenti e componenti delle commissioni affari istituzionali, istruzione e attività produttive di Camera e Senato l'emendamento all'art. 51 comma 2 del Decreto Semplificazioni sulle prove Invalsi.
Nei prossimi giorni prima la Camera e poi il Senato approveranno la versione definitiva del decreto.
L'art. 51, c.2 si propone di rendere obbligatorie per tutti gli studenti delle classi seconda e quinta elementare, prime e terza media, seconda e quinta superiore, le prove di valutazione standardizzate predisposte dall'INVALSI, che negli scorsi anni molti insegnanti, genitori e studenti hanno contestato nel metodo e nel merito.
Il nostro emendamento non intende sopprimere la valutazione esterna delle scuole, ma vuole riportare la stessa a livello campionario, come avviene negli altri paesi europei, e rendere disponibili i risultati delle prove per sviluppare un processo di autovalutazione condiviso delle scuole.
Non è con le imposizioni dall’alto che si migliora la nostra scuola!
L’emendamento è stato promosso da 13 associazioni delle scuole e sottoscritto on line in una settimana da oltre 1.200 insegnanti, genitori, studenti di tutta Italia. Centinaia le sottoscrizioni da Bologna.
Emendamento sostitutivo (1) dell’art. 51 c.2 del Decreto legge n. 5 del 9/0212
"Le rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’articolo 1, comma 4-ter e comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176, comprensive della prova scritta, a carattere nazionale, prevista per l'esame di Stato, dovranno essere effettuate su campione, previamente individuato con metodo statistico. La somministrazione delle prove, per ciascun ciclo scolastico, dovrà essere effettuata mediante rilevatori esterni adeguatamente formati. I risultati della valutazione saranno messi a disposizione delle relative istituzioni scolastiche, rispettando il grado di scuola e i criteri di rappresentatività del campione, anche per favorire i processi di autoanalisi e autovalutazione di istituto.”
Proposto da: Ass. ne naz.le Scuola della Repubblica, CISP-Centro Insegnanti Scuola Pubblica- Roma, Coordinamento Scuole Secondarie- Roma, Comitato bolognese Scuola e Costituzione, CIP Ass. Nazionale, Gdl dell'assemblea genitori e insegnanti delle scuole di Bologna e provincia, Comitato Genitori ed Insegnanti per la Scuola Pubblica di Padova, ScuolaFutura Carpi, Coordinamento Buona Scuola Carpi, La scuola siamo noi Parma, Ass. di Firenze Per la scuola della Repubblica, CGD Pordenone, RSU Iqbal Masih Roma.
(1) Art. 51 (Potenziamento del sistema nazionale di valutazione)
2. Le istituzioni scolastiche partecipano, come attività ordinaria d’istituto, alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2007, n. 176.
Relazione illustrativa dell’emendamento sostitutivo dell’art. 51, c.2 del decreto legge n, 5 del 9/02/12 (Potenziamento dell’Invalsi)
L’emendamento si propone di ritornare alla lettera e allo spirito della Legge 59/97, art. 21 c.9. relativo all’obbligo per le scuole di avviare percorsi di autovalutazione, del D.L. 176/2007 comma 5 concernente le rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti e alla relativa direttiva n. 52 del 19/06/2007.
L’emendamento infatti propone di considerare le rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti effettuate su campione, come uno strumento utile a “favorire i processi di autoanalisi e autovalutazione di istituto”.
La previsione contenuta nel comma 2 dell’art. 51 di considerare “attività ordinaria d’istituto” la partecipazione alle rilevazioni nazionali degli apprendimenti degli studenti, esplicitata nella relazione tecnica in questi termini: “La norma si propone di far sì che le rilevazioni nazionali degli apprendimenti siano effettuate dal 100% delle istituzioni scolastiche, mentre oggi, in assenza di uno specifico obbligo, circa il 5% delle scuole rifiuta con vari motivi di svolgerle; il rimanente 95% le svolge già oggi come attività ordinaria, senza necessità di remunerazione aggiuntiva per il personale coinvolto”, tende a definire come obbligo un’attività che, dovendo avere la finalità del miglioramento del sistema scolastico, dovrebbe esser posta al servizio delle istituzioni scolastiche.
In specifico:
1) La norma di cui al comma 2, art. 51 confligge con l’art. 5, c. 7, del D.LGS. 297/94 che afferma: “Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, le competenze relative alla valutazione periodica e finale degli alunni spettano al consiglio di classe con la sola presenza dei docenti.”
2) La norma confligge con il dettato della Legge 59/97, art. 21, c. 9, che assegna all’autonomia didattica degli istituti i processi di autovalutazione.
3) La norma che tende ad obbligare le istituzioni scolastiche a sottoporre tutti gli studenti a test standardizzati preparati dall’INVALSI, confligge con l’art. 33, c.1 “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” e con l’art. 117, comma 3 della Costituzione che afferma “l’autonomia delle istituzioni scolastiche”.
4) La rilevazione campionaria è lo strumento utilizzato dalle indagini internazionali IEA TIMSS, IEA PIRLS e OCSE PISA e dalla maggior parte dei paesi europei (vedi rapporto Eurydice 2009) per la valutazione dei sistemi scolastici. La rilevazione campionaria elimina la confusione oggi esistente nelle rilevazioni italiane che pretendono di valutare con le medesime prove gli studenti, gli insegnanti, le scuole, i dirigenti e il sistema. Il rapporto Eurydice e la Commissione europea affermano che “Gli esperti della valutazione hanno ricordato che l’utilizzo di un singolo test per più finalità potrebbe essere inappropriato, in quanto ciascun obiettivo richiede tendenzialmente informazioni diverse. In tali casi, è stato consigliato alle autorità educative di elencare le diverse finalità in ordine di importanza e di adattare la struttura del test conseguentemente.”
5) La rilevazione campionaria comporta una spesa significativamente inferiore di quella censuaria attualmente in corso, che il comma 2 dell’ art. 51 intende rafforzare.
6) La rilevazione campionaria non costringe ogni singolo studente italiano a sottoporsi nel corso della sua carriera scolastica a ben sei prove standardizzate (seconda e quinta elementare, prima e terza media, seconda e quinta superiore), contro una media europea di solo due.
7) In un’ottica futura si potrebbe affidare alle rilevazioni internazionali che già vengono svolte da almeno 10 anni da parte di IEA TIMSS, IEA PIRLS e OCSE PISA il compito di predisporre test con una competenza di gran lunga maggiore di quella dell’Invalsi, e affidare all’Invalsi la funzione di strumento di supporto all’autovalutazione d’istituto.

lunedì 5 marzo 2012

Fissato il calendario delle prove Invalsi 2012: si parte l'8 maggio in seconda superiore

Fissato il calendario delle prove Invalsi 2012, i test in italiano e matematica che misurano gli apprendimenti degli studenti. Si partirà l'8 maggio 2012 con le prova di italiano e matematica (e il questionario studente) per i ragazzi della seconda classe delle superiori. Lo annuncia una nota della Uil Scuola.
Il 9 maggio sarà poi la volta della prova preliminare di lettura (prova scritta di pochi minuti per misurare la capacità di lettura/decodifica di un testo raggiunta dagli allievi) e di quella di italiano per gli studenti della seconda primaria. Sempre il 9 maggio si terrà anche la prova d'italiano per gli studenti della classe quinta.

Il 10 maggio toccherà agli alunni della prima media (prove di italiano, matematica e questionario studente), mentre l'11 maggio sarà la volta della prova di matematica per gli alunni delle classi seconda e quinta primaria. Rispetto allo scorso anno si è deciso di confermare (in questo segmento di istruzione) due date separate per non "caricare" di prove studenti molto giovani. I test in terza media si faranno all'interno dell'esame di stato conclusivo del primo ciclo, in calendario il 18 giugno.

Come in passato, l'Invalsi manderà propri somministratori nelle classi campione, che cureranno anche le fasi della correzione e della registrazione delle prove. Nelle classi non campioni somministrazione, correzione e registrazione dei test saranno svolte direttamente dai docenti. Le prove saranno inviate a tutte le scuole entro il 20 aprile.

L’ODISSEA DI UNA MAMMA

RISPONDE IL NOSTRO ESPERTO
Purtroppo questi problemi sono molto diffusi ultimamente. Ci sono insegnanti che consigliano di privare i bambini di premi e regali sino a quando non manifestino più interesse e più voglia di studiare…
Tutto questo può sembrare semplicemente assurdo. Tanti genitori iniziano allora un percorso lungo ma doveroso e i presto risultati ripagano.
Prima tappa: è previsto dalla legge che dopo una certificazione di dislessia o disgrafia o disfonia da parte del medico specialista, la scuola e l’insegnante sono tenuti a tutelare il ragazzo/ragazza dal rendersi ridicoli o impacciati in mezzo agli altri, mettendo a loro
disposizione tempi e metodi per poter mantener il livello di insegnamento adeguato alla classe (so di ragazzi che vanno a scuola con il portatile).
L’insegnante deve essere cosciente del problema e accettare i consigli di chi ne sa qualcosa di più: la legge fa un elenco ben chiaro. Questa è la parte più difficile, ma occorre non demordere
e prima o poi le insegnanti capiscono e diventano anche i nostri migliori alleati.
Seconda Tappa: Percorso con la bambina presso un logopedista. I tempi sono sempre lunghi o troppo lunghi. Anche qui non mollare: una buona terapia eseguita presso un logopedista per almeno 5-8 mesi 2 volte alla settimana dà risultati sorprendenti.
Terza tappa: Lavoro a casa, molto, moltissimo. Attenzione: il lavoro deve essere quello giusto, divertente e motivante. Spesso si ha la fortuna di incontrare un esperto in gamba, il quale ad esempio può consigliare alcuni esercizi fisici per migliorare sia la lettura sia la scrittura. Cosa strana ma vera, anche 100 capriole al giorno possono fare la differenza.
Quarta tappa: Far crescere l’autostima del bambino. Diversamente si deprime e si scoraggia e presto subentrano altri problemi.
Con gli esercizi fisici e letture dedicate in pochi mesi un bambino, prima deriso dai compagni di classe per i suoi problemi, può tornare ad andare volentieri a scuola, e bastano pochi esercizi di mantenimento per non avere più problemi.
Il percorso non è veloce ma i bambini hanno tempi di risposta velocissimi. Questo è un grosso aiuto per i genitori, per cui conviene non mollare, prendere in mano la questione e partire avendo alle spalle un’adeguata conoscenza del problema. Non credo che cambiare classe sia utile; può esserlo solo nel caso di maestre non collaborative nonostante la certificazione del medico, ma questo per fortuna accade assai raramente.
Un cordiale in bocca al lupo
Davide Pedrazzani
Resp. Ufficio Formazione AGe nazionale

Tratto da: Associazione Italiana Genitori

Mia figlia, 10 anni, fin dalla prima ha evidenziato difficoltà di apprendimento nella lettura, nella scrittura, nella matematica. Poca passione, poca voglia, diciamo così poca predisposizione, poca memoria. Passati i primi due anni durante i quali, pur manifestando alle insegnanti la mia preoccupazione, mi veniva detto che la bambina era pigra, immatura allo studio, bisognosa di stare quasi praticamente fissa sui libri, mi sono"insospettita" e ho cominciato ad interessarmi da sola su Internet o chiedendo ad altre docenti. C'erano dei segnali precisi che la bambina mandava, errori frequenti e ripetuti. Mettendo insieme tutte le informazioni ho dedotto che poteva esserci un problema di dislessia. Ho fatto visitare mia figlia lo scorso anno privatamente da un dottore esperto che ha diagnosticato una leggera dislessia/disgrafia. Le insegnanti hanno avuto grossa difficoltà ad accettare questa diagnosi che non condividevano (forse perché si stavano rendendo conto che avevano sottovalutato il problema???) e hanno voluto per questo contattare, ma solo telefonicamente, il professore che
ha dato loro anche delle fotocopie con qualche accorgimento da adottare. Da allora più nulla da parte loro, tutta la quarta ad adottare questi 4 o 5 accorgimenti e basta (dispensarla dallo scrivere in corsivo prediligendo lo stampatello,tenere sotto le tabelline, farla leggere poco in classe). Nessun approfondimento, nessun interesse né, che so, compiti specifici, suggerimenti per la famiglia... Esistono libri, giochi al PC da proporre al bambino, corsi di approfondimento per le insegnanti... i bambini vanno motivati, interessati, gratificati, dispensati dai troppi compiti dando loro cose più specifiche. Dai colloqui con le insegnanti risultava che la bambina stesse facendo grandi progressi, cosa che mi insospettiva notevolmente dato che le sue difficoltà continuavano ad essere più o meno le stesse.
Ho parlato del caso con il Dirigente scolastico che però non ha in concreto fatto nulla per sollecitare o indicare strade da percorrere. Diciamo che mi sono sentita un po' spaesata, poco supportata dalla scuola come famiglia e mi chiedo quanto questo sia giusto e quante volte capiti.
Da parte mia, mi sono interessata, anche con l'aiuto di altre docenti, ho recuperato del materiale e ho messo in lista mia figlia presso la ASL per una visita con il neuropsichiatra da quasi un anno (non ti dico quanto mi hanno rimproverato fatto per la segnalazione in ritardo…) e sembra che prima dell'inizio della scuola riescano a visitarla. Le ho trovato un'insegnante per un aiuto durante l'estate e ho contattato una logopedista per visita imminente. La scorsa settimana ho avuto il colloquio finale con le insegnanti di 5° elementare. Secondo loro la bambina non ha più difficoltà del solito (non riesce a fare neanche le divisioni a una
cifra), è migliorata ma deve studiare e impegnarsi di più, stare più sui libri (cosa peraltro contraria a tutto quello che viene suggerito per i dislessici). Le ho lasciate parlare poi ho espresso le mie perplessità e preoccupazioni specie riferite all'estate (periodo lungo e senza sostegno scolastico) e ai progressi che, in realtà, non vedo. Ho chiesto loro cosa pensavano di fare per aiutare mia figlia, ma sostengono di non poter né saper fare nulla di più, rimbalzando
la palla al medico della prima diagnosi, alla famiglia che non fa fare i compiti e non segue nell'impegno la bambina con frequenza, alla ASL che non chiama per la visita.
Loro NON POSSONO fare nulla di più...
Mi hanno quasi aggredita sostenendo che il percorso corretto e da seguire deve essere quello che la famiglia segnala alla ASL il caso (cosa peraltro fatta ma, mi chiedo, dal momento che ho presentato loro la diagnosi del prof., non è quello un segnale che la famiglia prende atto delle difficoltà della figlia e chiede aiuto e supporto?? Non potevano e non possono loro comunque, al di là della procedura, fare qualcosa???). Ci sono in sostanza forti incomprensioni reciproche, poco interesse da parte loro e del Dirigente e secondo me anche una sottovalutazione del caso.
La mia intenzione era quella di scrivere una lettera breve,  indirizzata alle insegnanti, al Dirigente e ...a chi altro?? Faccio bene?

I dieci errori su dislessia e disgrafia

di Piero Crispiani
Nelle opinioni correnti, si incontrano almeno dieci errori di identificazione del fenomeno e di sua valutazione, che diamo di seguito.

1. Mancata associazione rapida del suono al corrispondente segno, poiché in questo caso si tratterebbe di un deficit di simbolizzazione.
2. Mancata o disturbata discriminazione visiva le lettere, poiché in questo caso si tratterebbe di un deficit di discriminazione visiva.
3. Scorretta pronuncia della lettura, poiché in questo caso si tratterebbe di un deficit linguistico (logopatia, afasia/disfasia).
4. Mancata o scarsa comprensione della lettura e della scrittura, poiché in questo caso si tratterebbe o di ritardo mentale grave o di insufficiente educazione.
5. Deficit percettivo come causa di dislessia e disgrafia, poiché in questo caso esse costituirebbero un sintomo secondario.
6. Deficit attentivo come causa di dislessia e disgrafia, poiché in questo caso esse costituirebbero un sintomo secondario.
7. Deficit linguistico come causa di dislessia e disgrafia, poiché in questo caso esse costituirebbero un sintomo secondario.
8. Che leggere e scrivere siano processi cognitivi diversi, l'uno analitico e l'altro sintetico.
9. Che dislessia e disgrafia siano disturbi di natura diversa.
10. Che dislessia e disgrafia possano essere causate da cattivo insegnamento.
Cosa non fare quando si ha un figlio o allievo dislessico/disgrafico
- Far leggere lentamente e con precisione.
- Far scrivere lentamente e con precisione.
- Correggerlo o fermarlo mentre  scrive o legge.
- Esercitare la scrittura di lettere e di sillabe.
- Esercitare la lettura di lettere e sillabe.
- Dirgli che non discrimina/riconosce bene le lettere.
- Dirgli che non associa i suoni alle lettere.
- Dirgli di leggere o scrivere meglio.
- Dirgli che è svogliato o non intelligente.
- Insistere a farlo leggere ad alta voce.
- Insistere a farlo copiare alla lavagna.
- Insistere a farlo scrivere sotto dettatura.
- Far scrivere "rotondo".
- Far scrivere in stampato (maiuscolo o minuscolo).
- Far scrivere su tastiera.
- Far scrivere o leggere caratteri "grandi".
- Leggere o scrivere al suo posto.
- Pensare che dislessia e disgrafia siano problemi diversi

Discalculia: Cos'è e quali le terapie d'intervento

La discalculia ha una base neurologica diversa dalla dislessia e che questo problema interessa una parte molto inferiore della popolazione
 
Alla base ci sono difficoltà di orientamento spaziale e di organizzazione sequenziale che si evidenziano sia nella lettura che nella scrittura dei numeri
© Redazione NEWSFOOD.com -

Nell'ambito scolastico si sente spesso parlare di disturbi dell'apprendimento, con delle idee confuse a riguardo. I bambini affetti da disturbi dell'apprendimento spesso risultano svogliati, pigri, con poca voglia di fare. Ecco che nei colloqui poi le insegnanti riferiscono ai genitori come: "Il suo bambino ha la capacità, ma non ha la volontà!". Affermazione che lascia il tempo che trova, innanzitutto perché così facendo l'attenzione viene posta solo sul bambino che non segue e nulla sull'insegnante che preferisce evitare di mettersi in questione sul come mai non riesce a catturare l'attenzione dei ragazzi.
Ogni volta che ad un genitore viene riferita una tale cosa, costui oltre a restare molto male, sgrida spesso il figlio, magari se costui è anche grande, ci sono delle punizioni. Attenzione quindi, prestate molta attenzione perché anche le punizioni possono creare degli stati ansiogeni che peggiorano il problema.
Studi molto recenti fanno capire che la discalculia ha una base neurologica diversa dalla dislessia e che questo problema interessa una parte molto inferiore della popolazione. Il disturbo sia presente fin dalla nascita, ma si manifesta in modo più evidente con l'ingresso del bambino nella scuola dell'obbligo. Nei casi più gravi ovviamente può essere evidenziato già nella scuola dell'infanzia e anche prima, basterebbe avere degli occhi molto attenti e preparati, ma spesso per un genitore la cosa non è proprio così facile e scontata, soprattutto se alle prime armi.
Anche se ciò può non essere così certo, in quanto si è visto che può essere determinata da lesioni nella parte posteriore dell'emisfero sinistro, ed è indipendente dal livello di istruzione o dal quoziente d'intelligenza. Questo implica che anche un ingegnere potrebbe diventare incapace di eseguire operazioni aritmetiche in seguito ad un incidente stradale che va a ledere le aree interessate, oppure che un bambino inabile al conto, possa mostrare elevate capacità in altri ambiti.
La discalculia è una difficoltà specifica dell'apprendimento del calcolo che si manifesta nel riconoscimento e nella denominazione dei simboli numerici, nella scrittura dei numeri, nell'associazione del simbolo numerico alla quantità corrispondente, nella numerazione in ordine crescente e decrescente, nella risoluzione di situazioni problematiche.
I numeri sono quantitativamente inferiori rispetto alle lettere, infatti abbiamo dieci cifre contro le ventuno lettere. La combinazione sia di lettere che di numeri è alquanto complessa in quanto si basa sul valore posizionale. Per questi bambini, infatti, non c'è differenza tra 15 e 51 oppure tra 316 e
631, in quanto, pur essendo in grado di denominare le singole cifre, non riescono ad attribuire un significato preciso alla loro posizione all'interno dell'intero numero.
Alla base ci sono difficoltà di orientamento spaziale e di organizzazione sequenziale che si evidenziano sia nella lettura che nella scrittura dei numeri, il numero 9 viene confuso con il 6; il numero 21 con il 12; il 3 viene scritto al contrario così come altri numeri.
La capacità di numerare è presente, senza grosse difficoltà in senso progressivo, cioè di procedere da zero in poi (1-2-3-4-5...), assente o con molte difficoltà quella di numerare in senso regressivo, partendo cioè da una determinata cifra e andando indietro ( 6-5-4-3-2-1-0), in taluni casi capita che si calcola all'indietro bene escludendo però un numero in particolare come le decine, per esempio.
Una tappa successiva è quella di memorizzare la tavola pitagorica, alquanto difficile e complesso come compito a cui segue la difficoltà di eseguire correttamente e a mente moltiplicazioni e divisioni anche di poco valore.
Anche alla base della discalculia ritroviamo carenze relative alle abilità percettivo -motorie, ma, non di rado, le difficoltà logico-matematiche sono attribuibili anche a una carenza di esperienze concrete. Fin dalla primissima infanzia il soggetto deve conoscere il mondo, manipolare gli oggetti, raggrupparli secondo criteri, costruire con essi strutture gradatamente sempre più complesse. Alla scuola materna e nel primo ciclo di scuola elementare queste esperienze continuano ad essere molto importanti, l'uso del materiale concreto (oggetti, immagini, blocchi logici, regoli in colore, multi base) è indispensabile per guidare il soggetto verso la conquista dei concetti fondamentali.
L'uso dei simboli, la memorizzazione delle regole esecutive e delle cosiddette "tabelline" vengono dopo e devono essere conquiste graduali e non meccanismi superficiali che tanto facilmente si dimenticano. Provando a giocare a dama con un bambino discalculico vedrete che dovrete spiegare le regole moltissime volte, ma soprattutto spostare voi le pedine al posto loro per farglielo capire meglio, perché il loro orientamento nello spazio è diverso dal nostro.
Regola base è mantenere sempre la massima calma e cercare al più possibile di avere un contatto visivo, perché altrimenti possono crearsi stato d'ansia che impediscono l'apprendimento.
Inoltre i problemi di discalculia li potreste vedere anche quando un bambino sta cominciando ad imparare ad allacciarsi le scarpe, perché hanno difficoltà a compiere persino i gesti più semplici, perché c'è comunque l'associazione di due elementi. Uno va prima e uno dopo, ma quale dei due? Per loro è indifferente.
Ovviamente questi due casi sono gravi, casi di discalculia più leggera non impedisce di giocare a dama o di allacciarsi le scarpe, ma di avere delle difficoltà più prettamente scolastiche. Quando si parla di discalculia occorre fare chiarezza con i termini di uso comune, anche nel mondo della scuola. Gli insegnanti sono abituati a parlare di abilità logico-matematiche, ma in realtà in diverse attività legate alla matematica, come la lettura e la scrittura dei numeri o l'apprendimento delle tabelline, occorre essere efficienti nel richiamo e nell'assemblaggio delle componenti numeriche da trattare, senza per questo essere dei buoni logici.
Si parla di discalculia, riferendosi a quelle abilità aritmetiche che non coinvolgono esclusivamente il ragionamento logico - come nel caso di dover decidere quale numero è più grande di altri - ma che comportano invece l'automatizzazione delle procedure di base, come la lettura e scrittura delle cifre, la memorizzazione delle tabelline e delle procedure per eseguire i calcoli.
Spesso il Q.I di questi bambini è normale, quindi non c'è nessun deficit in questo, anche se il problema maggiore è che molte volte i disturbi dell'apprendimento sono tra loro collegati.
Trovando problemi di discalculia, sarà possibile, ma non certo, trovare altri disturbi dell'apprendimento come dislessia e /o disortografia. Questo viene da me riferito, perché se vi dovreste trovare di fronte a casi così complessi potete solo imparare a mantenere la calma, ansie e preoccupazioni complicano solo i problemi già esistenti.
Oltre alle difficoltà sopra citate si possono trovare anche carenze relative alle abilità percettivo-motorie piuttosto che difficoltà legate alla memorizzazione, non di rado però le difficoltà logico-matematiche possono essere attribuibili anche a una carenza di esperienze concrete.
Infatti fin dalla primissima infanzia il bambino deve ri - conoscere il mondo, manipolare gli oggetti, raggrupparli secondo criteri, costruire con essi strutture sempre più complesse. Nella scuola materna e nel primo ciclo di Scuola Elementare queste esperienze continuano ad essere molto importanti, l'uso del materiale concreto (oggetti, immagini, blocchi logici, regoli in colore, multibase); Indispensabili per guidare il soggetto verso la conquista dei concetti fondamentali. A seguito di questi bisogni l'uso dei simboli, la memorizzazione delle regole esecutive e delle cosiddette "tabelline" vengono dopo e devono essere conquiste graduali e non meccanismi superficiali che si dimenticano facilmente.
La discalculia è una difficoltà specifica nell'apprendimento del calcolo che si manifesta nel riconoscimento e nella denominazione dei simboli numerici, nella scrittura dei numeri, nell'associazione del simbolo numerico alla quantità corrispondente, nella numerazione in ordine crescente e decrescente, nella risoluzione di situazioni problematiche.
La discalculia è un disturbo dell'apprendimento che viene ufficialmente riconosciuto da veramente pochissimi anni rispetto alla sua compagna dislessia, per cui anche il riconoscimento può essere più complesso.
Come fare allora? Prima di tutto sarà bene prestare attenzione ad alcuni elementi caratteristici , quali:
capacità in altri ambiti.
Le Difficoltà di Base:
Difficoltà nel manipolare materiale per quantificare e stabilire relazioni
Difficoltà nella denominazione dei simboli matematici
Difficoltà nella lettura dei simboli matematici
Difficoltà nella scrittura di simboli matematici
Difficoltà a svolgere operazioni matematiche
Difficoltà nel cogliere nessi e relazioni matematiche
Alcune Abilità particolarmente Compromesse :
Lentezza nel processo di simbolizzazione
Difficoltà percettivo - motorie
Difficoltà prassiche
Dominanza laterale non adeguatamente acquisita
Difficoltà di organizzazione e di integrazione spazio-temporale
Difficoltà di memorizzazione
Il riconoscimento precoce di ogni disturbo dell'apprendimento è l'ideale in modo tale che possano essere adottate strategie di insegnamento che aiutino il bambino a superare le difficoltà, evitando anche traumi e quanto di più ansiogeno si possa sviluppare nella quotidianità e nel confronto a volte spietato con i compagni.
La situazione è complessa, ma non per questo ci si deve arrendere, constatando che le conoscenze sulla discalculia sono notevolmente inferiori rispetto ad altri disturbi dell'apprendimento quali dislessia e disortografia. E' importante lavorare in sincronia tra scuola, famiglia e pedagogisti che si occupano di disturbi dell'apprendimento.
Bisogna considerare che le difficoltà del bambino discalculico vanno considerate come difficoltà numeriche ed aritmetiche di base che vanno ad interferire su prestazioni più generali; non riguardano riguardano le abilità logiche vere e proprie. Pedagogisti e addetti al mestiere della riabilitazione dovranno usare dei precisi modelli neuropsicologici accurati e coerenti per valutare le abilità e le difficoltà numeriche ed aritmetiche dei bambini ed effettuare così una diagnosi molto precisa.
Le difficoltà maggiori da parte degli specialisti è data dal fatto che manca buona parte del materiale per aiutare questi bambini a superare le difficoltà. Insieme ad una riabilitazione vera e propria e in attesa che essa si consolidi in strumenti operativi conosciuti e condivisi è importante pensare agli strumenti compensativi che possono aiutare i bambini in difficoltà, come ad esempio la tavola pitagorica e la calcolatrice.
Ogni bambino ha il diritto e il dovere di essere aiutato a comprendere e superare le difficoltà che incontrano sul loro cammino. Per aiutare i bambini affetti da disturbi dell'apprendimento per me è fondamentale una regola, evitate di dare etichette, questa è la regola base per chiunque per migliorare ogni situazione di difficoltà, con i bambini questo ancora di più.
Tra i metodi più efficaci, secondo il mio punto di vista è il Metodi di Arricchimento Strumentale. In breve ciò di cui si occupa:
Arricchire il repertorio individuale delle strategie cognitive per arrivare ad un apprendimento e ad un problem solving più efficace ed ovviamente recuperare le funzioni cognitive carenti e sviluppare strategie in casi di individui con prestazioni ritardate o inadeguate.
Il tutto ha lo scopo di modificare la struttura cognitiva globale delle persone con bisogni speciali trasformando il loro stile cognitivo passivo e dipendente in quello caratteristico di un allievo autonomo ed indipendente.
(Fonte: materiale estratto da Google; Libro di Testo: Programma di Arricchimento Strumentale)
Difficoltà di esecuzione di consegne in sequenza

Costruzioni Geometriche