A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

A.A.A. - D.S.A. - Dislessia, un limite da superare

giovedì 8 dicembre 2011

Disturbi Specifici Di Apprendimento Di Tipo Non Verbale

Di Che Cosa Si Tratta
I disturbi specifici di tipo non verbale molte volte producono conseguenze sulle competenze scolastiche e molto spesso possono determinare difficoltà simili a discalculia, aprassia, o difficoltà di problem solving geometrico. Tra i disturbi dell’apprendimento, quello di tipo non verbale è il meno studiato, tra i pochi studi recenti quelli più importanti sono quelli di Rourke che ha definito i disturbi specifici dell’apprendimento di tipo non verbale come Sindrome Non Verbale. Attraverso l’analisi delle prestazioni, dei comportamenti e analisi neurologiche di soggetti con questo disturbo, Rourke ha individuato 10 caratteristiche essenziali che li contraddistinguono:
  • Problemi di tipo percettivo e tattile (soprattutto nel lato sinistro del corpo). È assente una buona elaborazione percettiva non a livello di integrazione logica ma di elaborazione degli stimoli sensoriali.
  • Problemi di coordinazione psicomotoria, si tratta di soggetti incapaci e lenti nel compiere movimenti.
  • Deficit visuo-spaziali; i soggetti presentano problemi di memoria di lavoro, in particolare deficit riguardanti il taccuino visuo-spaziale. Se si chiede a questi soggetti come scrivere una F rovesciata, essi devono compiere più passaggi come ricordare come è fatta la lettera, immaginare di ruotarla a 180°, immaginare come scriverla e poi scriverla. Per verificare queste difficoltà si può usare il test PMA e il test MF delle prove per l’impulsività, in quanto si chiede di individuare una figura uguale a quella target e ciò significa non essere impulsivi ed elaborare gli stimoli a livello visuo-spaziale.
  • Problemi con compiti cognitivi e sociali di tipo non verbale. I soggetti cioè non sono in grado di costruirsi mappe mentali né di elaborare correttamente la percezione. Non poter risolvere compiti sociali di natura visuo-spaziale significa non capire i gesti, le espressioni che accompagnano un discorso, quindi non interpretare la pragmatica della comunicazione.
  • Buona memoria verbale semantica. L’aspetto verbale risalta in modo evidente rispetto alle altre capacità che al suo confronto risultano ridotte. I soggetti sono in grado di ricordare molto bene i testi ed amano imparare a memoria.
  • Evidenti difficoltà in aritmetica e discreto successo nella lettura e scrittura, ad eccezione dell’aspetto grafico che risulta compromesso.
  • difficoltà di adattamento a situazioni nuove. Le situazioni sconosciute richiedono una serie di elaborazioni a livelli diversi, tra cui una elaborazione anche visuo-spaziale, quindi questi soggetti amano molto le routines e le situazioni statiche.
  • Verbosità, sono soggetti che parlano molto.
  • Deficit di giudizio sociale, i soggetti hanno una incapacità di interpretare adeguatamente delle regole, non sanno cogliere la pragmatica del discorso, sembrano sempre inadeguati rispetto al contesto.
  • Discrepanza significativa tra Q.I. verbale, buono, e Q.I. di performance , sotto la media.
Tra le altre caratteristiche si riscontra una condotta simile a quella dei bambini iperattivi disattenti, difficoltà di tipo sociale rendono i soggetti simili ai bambini artistici ad alto funzionamento, i problemi di tipo emotivo nati dalle difficoltà sociali con il passare del tempo si aggravano sfociando a volte in crisi depressive, tendono cioè a chiudersi in loro stessi evitando il contatto sociale che invece li aiuterebbe a livello di esercizio di competenze pragmatiche.
Le difficoltà scolastiche più evidenti si riscontrano nel disegno, soprattutto geometrico, nell’incolonnamento dei numeri, nel ricordo dell’ordine spaziale delle procedure di calcolo, nella rappresentazione dei problemi e dei contenuti dei testi descrittivi, difficoltà di rappresentazione dei contenuti dei testi argomentativi se richiedono la costruzione di un modello mentale di tipo visuo-spaziale. è possibile che l’esordio si caratterizzi per difficoltà di lettura e scrittura, tali difficoltà scompaiono a partire dalla terza elementare per lasciar emergere, in modo sempre più rilevante, le difficoltà aritmetiche.
A livello neuropsicologico è stata riscontrata una disfunzione e una compromissione della materia bianca a livello delle fibre lunghe mieliniche, probabilmente in questi soggetti vi è una ridotta funzionalità dell’emisfero destro implicato nel controllo emotivo e nelle attività non verbali, per questo motivo si parla anche di Sindrome Cerebrale Destra.Dal quadro descritto risultano compromesse aree scolastiche su cui intervenire clinicamente ed educativamente: scrittura strumentale, disegno, calcolo, geometria, scienze, comprensione del testo, geografia. Quelle che il bambino si porta dietro più a lungo e gli causano più problemi sono le difficoltà sul versante affettivo-relazionale e sociale, connesse anche a tutta una serie di problemi motivazionali rispetto allo studio.
La Diagnosi
La diagnosi di secondo livello andrà dunque ad indagare in maniera approfondita la discrepanza tra abilità linguistiche (conservate) e visuo-spaziali (compromesse), valutata attraverso la somministrazione della WISC-R; il deficit nella memoria di lavoro visuo-spaziale, l’alterazione della velocità e della correttezza nella processazione dello stimolo visivo, l’alterazione dei processi di attenzione visiva, l’associato disturbo di apprendimento nelle abilità di calcolo e/o soluzione di problemi.
La sala WISC-R misura più fattori o attitudini attraverso subscale diverse:
Q.I. Verbale: informazioni, somiglianze, aritmetica, vocabolario, comprensione. (in una sindrome non verbale possiamo attenderci un Q.I. verbale abbastanza buono con una caduta significativa rispetto alle altre nella prova di aritmetica).
Q.I. di Performance: completamento di figure, storie figurate, disegno con i cubi, ricostruzione di figure, cifrario. (sempre nella sindrome non verbale avremo drastiche cadute nel disegno con cubi e nella ricostruzione di oggetti, rimarrà abbastanza preservata la capacità di leggere storie figurate).
Una significativa discrepanza (dai 10 punti si inizia ad essere sospettosi) a favore del Q.I. verbale piuttosto che del Q.I. di Performance può far nascere il sospetto di una sindrome non verbale. Per compiere un approfondimento che indichi con certezza se il bambino presenta una sindrome non verbale si può sottoporlo al VMI (Visual Motor Integration), al MMFT (matching multiple figure test) o alla ricopiatura della “figura di Rey”.
Nel VMI si chiede al bambino di copiare dei disegni target in alcuni spazi vuoti, disegni che vanno da singole linee a figure più complesse. Successivamente l’operatore valuta se dare 1 punto nel caso che il disegno sia ritenuto giusto o 0 punti nel caso sia ritenuto errato. La prova è ritenuta esaustiva se il soggetto sbaglia 3 disegni consecutivi anche se è consigliabile lasciare che il bambino completi la prova.
Disturbo Non Verbale Di Tipo Motorio
In ambito clinico è stato molto usato il termine disprassia per indicare soggetti con gravi difficoltà di coordinazione motoria, in particolare si è ritenuto che la prassia distorta fosse riferita ai movimenti fini degli arti superiori. Con gli studi più recenti si è arrivati a comprendere il più corretto utilizzo di termini come disturbo di sviluppo della coordinazione motoria, o anche disturbo specifico evolutivo della funzione motoria. Ciò sottolinea come la componente della coordinazione non sia qualcosa che è stato raggiunto e poi perso ma un aspetto che non si è mai sviluppato. Dobbiamo dunque ricordare che non ci sono motivazioni biologiche che impediscono la coordinazione, ma che è a livello cognitivo che il soggetto non è in grado di pianificare ed immaginare i movimenti adatti. I disturbi della funzione motoria sono per certi aspetti simili e per altri diversi dalla sindrome non verbale, la loro diversità consiste in una mancanza dell’aspetto affettivo-relazionale, presenza di buoni risultati alle prove di tipo percettivo, risultati scolastici che possono anche non essere gravi rispetto alla generale gravità della coordinazione, non grave compromissione cognitiva.

Scuola, da metà gennaio pronta una “carta d’identità”

(07 Dicembre 2011) ROMA – Ogni anno il dilemma dei genitori e figli è la scelta della scuola da frequentare. Che sia elementare, media o superiore ci si chiede sempre se sia una scuola valida, se gli insegnanti siano competenti, se la struttura è idonea o quante attività e laboratori siano previsti durante l’anno scolastico. Ora questo non sarà più un problema: da metà gennaio sul sito del Ministero dell’Istruzione sarà disponibile una sorta di carta d’identità di ogni scuola. Una scheda ricca d’informazioni circa l’istituto scolastico.

scuola_ministero-istruzione_identità
Docenti, classi, laboratori, palestre, pc, ecc. queste e molte altre le informazioni che ciascuna scuola s’impegnerà a trasmettere al Ministero entro gennaio. Il Miur (Ministero dell’Università e della Ricerca) eserciterà una “moral suasion” al fine di indurre ciascun istituto ad assumere un comportamento moralmente e socialmente corretto per il miglioramento della scuola italiana e per una scelta consapevole di studenti e genitori. I dati tecnici, relativi a materiali e attività scolastiche, saranno visibili a tutti, mentre i dati sugli esiti di esami e prove Invalsi o sulle assenze e gli abbandoni, che meglio attestano l’andamento medio scolastico, dovranno essere autorizzati dai dirigenti delle scuole.
«In vista delle prossime scadenze relative alle iscrizioni, il Miur – ha sottolineato il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo – renderà quindi disponibili i dati in possesso del sistema informativo e lascerà alle scuole, nella loro autonomia, l’inserimento di tutti quei dati relativi ai risultati delle valutazioni degli apprendimenti e dell’offerta formativa».
Il progetto denominato “Scuola in chiaro” si aggiunge a un servizio già esistente sul sito del Ministero che permette di cercare la scuola più vicina alla propria abitazione, una sorta di anagrafe delle scuole statali. La ricerca è sia geografica sia per tipologia o anche per denominazione e guida l’utente a cercare l’istituto desiderato.
Cliccando sul codice si ottengono tutte le informazioni anagrafiche della scuola, denominazione, via e recapiti telefonici. Con la nuova applicazione sarà invece possibile ottenere le informazioni specifiche relative alle attività scolastiche.
Già all’inizio dell’anno il Ministero dell’Istruzione ha reso obbligatoria la compilazione dei POF (Piani dell’offerta formativa): documenti di identità che indicano le linee distintive dell’istituto, l’ispirazione culturale-pedagogica che lo muove, la progettazione curricolare, extracurricolare, didattica ed organizzativa delle sue attività.
Un’iniziativa che fu oggetto di polemiche perché costringe al costante monitoraggio il lavoro di insegnanti e studenti.

lunedì 5 dicembre 2011

Quando la scuola non capisce la diversità

Il Gazzettino del 04-12-2011

LETTERE AL DIRETTORE. Pubblichiamo questa lettera inviata da una ragazza alla sua professoressa.
Cara prof,
ieri ho preso il primo quattro della mia vita, in matematica addirittura;deve sapere che non sono arrabbiata, sono solo molto triste.
Quando l’ho scritto nel libretto ho pensato che nonostante io studi, mi impegni al massimo e faccia sempre i compiti a casa, non riuscirò mai a capire quei maledetti testi dei problemi:quei numeri messi lì in mezzo a tutte quelle parole ingannevoli e subdole.
Dopo quasi tre mesi che Lei è la mia nuova prof e volevo dirle che per me la lingua italiana è come l’Everest e io sono appena partita per la scalata.
Volevo dirle che sono nata sorda, già non come il nonno che è diventato sordo e porta l’apparecchio acustico, io non ho mai sentito una parola e quelle che conosco le ho imparate a memoria, con enorme fatica.
Volevo dirle che per me i numeri sono magia, quelle espressioni che da una riga si riducono ad un numero per me non hanno misteri. La matematica traduce perfino in simboli le parole e io anche per questo sono sempre andata d’accordo con questa materia.
Ora penso, il quattro a cosa serve? A dirmi che se non mi traducono in segni (LIS) o con grafici e disegni i problemi non so come risolverli? Lo sapevo già!
A dirmi che non so l’italiano? Ma dai…
A dirmi che non sono intelligente? Non ci credo…
Penso che il quattro non servisse a me, ma a Lei; voleva darmelo per dimostrare la sua teoria che io non ce la farò mai a superare questo handicap della lingua italiana e forse è vero.
Di una cosa fondamentale però non si è resa conto: se io non riuscirò sarà anche a causa sua che non sente ragioni su come si fa scuola ad un sordo.
Questa lettera non l’ho scritta io, come Lei ben sa, non ne sarei in grado; l’ha fatto mia madre che ha trascritto le mie emozioni, quelle che ieri ho condiviso con lei attraverso quella lingua che si parla con le mani (molto disdicevole, vero?) e che Lei dice non sia in grado di comunicare qualsiasi cosa.
Questa è la dimostrazione che forse Lei ha torto e la tristezza che mi ha provocato con quel quattro mi fa capire che sono diversa, diversa dagli altri e soprattutto diversa da li.
Giulia C. - Fiume Veneto (Pn)
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Cara Giulia,
vorrei non dover mai leggere né pubblicare storie come questa. Come forse sai, la tua lettera, era accompagnata da una breve nota della tua mamma. Sottolineava come se è vero che, in questi momenti, la vita per molti sia particolarmente dura, per alcuni lo è tutti giorni, nelle piccole come nelle grandi cose. Non credo ci sia null'altro da aggiungere.

domenica 4 dicembre 2011

Quando la dislessia condiziona la vita

 da Rossellagrenci
QUANDO LA DISLESSIA CONDIZIONA LA VITA
Oggi nella pagina delle Testimonianze ho trovato questo commento che ho deciso di pubblicare. E’ la storia di una ragazza dislessica, ora 24enne.
Mi è sembrato importante perchè, come ben conclude la sua lunga testimonianza, si capisca che la dislessia non condiziona solo gli apprendimenti scolastici, soprattutto quando si “incontra gente ignorante”, come dice lei stessa. Questo a conferma di un ennesimo episodio increscioso avvenuto nella mia città a discapito di un ragazzino con difficoltà scolastiche, di cui se ne è parlato su Facebook.
A voi il racconto di S.:
Salve, sono una ragazza di 24 anni dislessica pura, disortografica, disgrafica e con problemi pure di discalculia. Mia mamma dopo aver sentito questa diagnosi, si è davvero spaventata, le avevano detto che non sarei mai riuscita a leggere. I segnali, che fecero capire a mia mamma che qualcosa non andava, erano tanti: non si capiva nulla di quello che dicevo, scrivevo all’incontrario, non riuscivo a leggere l’orologio, ad allacciarmi le scarpe, confondevo la destra con la sinistra ecc. Purtroppo, ho avuto una vita scolastica turbolenta, mi hanno affiancato un insegnante di sostegno alle elementari, le insegnanti mi chiamavano handicappata davanti ai mie compagni, che si divertivano a seviziarmi: mi picchiavano (mi hanno anche buttato giù dalle scale), ritornavo a casa piena di lividi, mi sfottevano, nessuno voleva giocare con me. Nell’ora di ginnastica, nessuno mi voleva in squadra. E come se non bastasse, i genitori dei mie compagni, chiesero che io me ne andassi da quella classe, perchè essendo handicappata, distraevo tutti i loro figli dall’apprendimento. Mia mamma, cercò in tutti i modi di farmi cambiare scuola, ma la preside si opponeva, quindi passai in quella terribile scuola 5 anni di torture. Una volta, mi difesi; un bambino cercò di picchiarmi, e io gli graffiai la faccia, mi mandarono dritta in presidenza. Tutti i giorni uscivo prima da scuola, andavo in un centro per bambini con problemi, lì non facevo nulla, anzi, le logopediste che mi seguivano non sapevano nemmeno cosa avessi, pensavano fossi ritardata, infatti mi davano della handicappata in mia presenza. Chiesi a mia mamma, di non mandarmi più in quel posto orribile, e lei per fortuna accondiscendette. A scuola, la maggior parte delle ore, le passavo nell’auletta degli handicappati, insieme a bambini con la sindrome di Down, secondo i miei insegnanti non mi meritavo di imparare niente. Ho sempre imparato da sola, visto questa chiusura del mondo scolastico nei miei confronti, mi prendevo dei libri e studiavo da me: quanti libri ho letto (si ho detto letto, perchè nel giro di un mese di sforzi, leggevo alla perfezione) in quel periodo: cuore, il piccolo principe ecc. robe che i miei compagni delle elementari si sognavano. Andavo bene a scuola, tutti buoni, distinto e ottimo, nonostante tutto. Sapevo fare dei ritratti alle persone perfetti, li conservo ancora, e non sembrano fatti da una bambina di 9 anni. Alle medie, per fortuna non ho più l’insegnante di sostegno, però ancora tutti mi evitano, e mi sfottono. Ancora prendevo bei voti, tutti buoni e distinto, a parte nei temi dove prendevo sempre l’insufficenza lieve, ma comunque mi riuscivo a sollevare anche in italiano, perchè poi nelle comprensioni del testo e in grammatica prendevo sempre ottimo. Nonostante i mie buoni voti, per 2 volte cercarono di bocciarmi, per problemi relazionari. In terza media, alla scelta della scuola superiore, mi consigliarono di lasciare la scuola, e di fare un corso per diventare vetraia. Ma io che sono sempre stata caparbia, me ne sono fregata e mi sono iscritta al liceo artistico, andando però contro la mia volontà, infatti volevo fare lo scientifico per poi prendere medicina, ma pensavo che per me fosse troppo difficile (nonostante in matematica e scienze avessi ottimo) . Al liceo le cose sono andate molto meglio, non avevo amici veri, però uscivo ogni tanto e nessuno mi prendeva in giro, anzi ero stata accettata, anche con i professori mi sono trovata bene. Purtroppo, avendo difficoltà nel parlato, relazionarmi per me è sempre stata un’impresa, oltretutto i dislessici gravi, hanno anche sempre un aspetto infantile e spaesato, che ci impedisce di essere presi sul serio dalla gente. Arriva il momento di iscriversi all’università, non avevo mai avuto dubbi, che mi sarei iscritta, però in quale facoltà, fin da bambina avrei voluto tanto fare il medico, ma avevo fatto l’artistico… e il test d’ingresso mamma mia, non lo avrei mai passato. Quindi da brava stupida, mi sono iscritta a farmacia. Gli esami li passo molto facilmente, anzi mi accorgo che i miei colleghi non dislessici gravi e usciti dallo scientifico, non se la cavano molto bene come me. Quindi incomincia a rinascere in me la voglia di fare medicina, ma ormai al terzo anno, penso che mi conviene laurearmi prima li. Ancora non ho amici, solo conoscenze superficiali, anche perchè, la mia parlantina è tutt’altro che fluente, e inoltre ogni volta che invio un messaggio, subito mi becco dell’analfabeta che passa gli esami perchè raccomandata, i più cafoni mi danno della minorata mentale. Avevo facebook, me lo sono tolto perchè ricevevo messaggi minatori, di miei compagni universitari, che mi sfottevano per i miei errori ortografici, per come parlavo e per la mia area spaesata. Mi hanno fatto anche molti scherzi, alcuni molto pesanti, anche perchè alcuni avevano scoperto che ero dislessica. Mi hanno incoronata regina delle deficienti di farmacia su facebook, mi hanno fatto ritrovare la mia sciarpa piena di sostanze chimiche (argento nitrato, impossibile da togliere) ecc. la lista è lunghissima. Ora mi manca un’esame alla laurea, e quest’anno ho tentato finalmente il test di medicina (non passato per pochi punti), l’hanno prossimo lo ritenterò nuovamente (devo togliermi questo sfizio), però senza applicare le nuove leggi per i dislessici, perchè ho fatto sempre da sola, e perchè non mi conviene farmi dei nemici anticipatamente, un dislessico dichiarato viene distrutto fidatevi, sopratutto, se ha a che fare con gente ignorante, che pensa che dici che sei dislessico per impitosire, e per farti aiutare (per loro imbrogliare). Non ho certo avuto esperienze positive, anzi il mio racconto è surreale, non penso che mi crederete. Anche in ambito lavorativo, i dislessici trovano dei muri: sono entrata a lavorare in ambito scolastico come insegnante (mentre frequentavo l’università) solo perchè mia mamma è insegnante. Poi ho fatto solo qualche lavoretto, ma poco perchè con la mia aria da svampita è difficile, sopratutto in questo periodo in cui fanno fatica tutti. Il fidanzato non lo ho, nessuna relazione, solo qualche corteggiatore e nessun amico vero, anche se pratico sport quotidiatamente, e quindi frequentando altri ambienti. Molte cose le ho saltate, in realtà la mia storia è ancora più tragica. Ho scritto questo post, perchè non sempre è facile capire come vive un dislessico grave, di solito oltretutto ci si ferma solo all’ambito scolastico, dimenticandosi che un dislessico incontra muri in tutti i campi della vita quotidiana, non perchè abbia dei veri problemi, ma perchè la gente è ignorante.